“E quindi mi dica, quando ha scoperto di avere questi poteri?”
“Più o meno un mese fa, dottore.”
“Preferirei non mi chiamasse dottore. Anzi possiamo darci del tu?”
“Aiuterebbe nella terapia?”
“Di solito sì. Crea una maggiore confidenza tra medico e paziente. Aiuta.”
“Capisco, nessun problema. Sono abituato a sentirmi dare del tu.”
“Bene. Allora, parlami del tuo problema.”
“A dire la verità io non ho nessun problema. Sono gli altri che se ne fanno.”
“Spiegati meglio.”
“Davvero devo? Non è evidente?”
“Aiuta.”
“Se aiuta… La gente non è abituata a quello che faccio. Non è normale.”
“Non devi pensare così. Ognuno di noi ha un talento speciale. Questo potrebbe essere il tuo. Gli altri dovrebbero comprenderlo, non ostacolarlo.”
“Lo vada a spiegare a loro.”
“Non ci stavamo dando del tu?”
“Vallo a spiegare a loro.”
“Tu hai provato a farlo? Spiegarti?”
“Mi vedono solo come un fenomeno da baraccone. Perfino la mia compagna. Prima mi amava, mi capiva, ora non riesce nemmeno più a guardarmi. Credo voglia abbandonarmi.”
“Allora è questo il problema?”
“Prego?”
“Il fatto che lei voglia lasciarti. Questo ti fa soffrire, non il fatto di aver sviluppato questo tuo potere.”
“Prima lo hai chiamato talento.”
“Talento, potere, due nomi per lo stesso concetto. Superman ha superpoteri, Batman ha talento. Sono entrambi supereroi, no?”
“Sei stato al cinema ultimamente? Io no.”
“Ah, sì scusa, ho mancato di tatto.”
“Non importa, ci sono abituato.”
“Senti, facciamo così. Per oggi direi che è abbastanza. Possiamo vederci, diciamo, la settimana prossima. Puoi prendere un appuntamento con la mia segretaria.”
“Se si è ripresa. Prima quando mi sono presentato è quasi svenuta.”
Lo psicologo, senza cambiare espressione, si alza e congeda il suo paziente.
Il paziente salta giù dal lettino, stira le zampe anteriori e agita la coda, poi zampetta allegramente fino all’uscita.