Voglio raccontarvi una storia.
Spero di riuscire a farmi comprendere, con queste parole che usate per comunicare tra voi. Voi che avete occhi, orecchie, naso. Che sentite i suoni, vedete il mondo, annusate gli odori, toccate perfino le cose. Insomma voi che siete umani, quindi la vostra percezione è limitata. Non rimaneteci male, non è certo colpa vostra.
La mia percezione del mondo è molto più ampia. Posso sentire suoni provenire da distanze per voi impossibili, vedere con ogni cellula del tutto di cui faccio parte, percepire aromi e colori, interpretare ogni piccola vibrazione della terra, assorbire i raggi del sole e trasformarli in energia, sentire il cielo come fosse un unico corpo vivente, connettermi al mondo che mi ospita, anzi, che sono, in un modo che a voi sarà sempre precluso.
A questo punto vi starete chiedendo chi sono io.
Un semplice albero.
Non chiedetemi che tipo di albero sono, le distinzioni le fate voi, siete sempre lì a differenziare, distinguere, catalogare. Sono un albero come tanti, ho un tronco, dei rami, un sacco di foglie, così come tutti i miei compagni.
Comprendo la vostra incredulità, come posso io, in quanto albero, raccontarvi questa storia. Non è il tempo delle domande, questo, rilassatevi e godetevi il racconto.
E’ iniziato tutto qualche anno fa, quando siete arrivati nel nostro bosco.
Vi conoscevo già, naturalmente. In qualche modo siamo consapevoli della storia degli alberi che ci hanno preceduto, anche di quelli che avete abbattuto, bruciato, usato per costruire le vostre città o per scaldarvi.
Ma questa è un’altra storia, peggiore di questa di cui voglio parlare ora.
Dicevo, un giorno uno di voi ha raggiunto il bosco a piedi. Ha provato a entrarci, troppo fitto, troppi rovi, ha rinunciato e se n’è andato.
Poi abbiamo visto la città avvicinarsi. Sempre di più e sempre più in fretta.
Io l’ho capito subito come sarebbe andata a finire e devo dire che ho provato in tutti i modi a convincere gli altri che era il caso di fare qualcosa.
Ma non c’è stato verso. Gli altri mi prendevano per matto. Figurati se arrivano fino a qui, dicevano, hanno un sacco di spazio.
Nemmeno quando in effetti sono arrivati e hanno cominciato a trinciare il sottobosco i miei compagni si sono preoccupati. Tengono pulito il terreno, dicevano, così abbiamo più luce per le radici. Sì ok, ma credevo che i cespugli fossero nostri amici. Chi, quei rovi striscianti?
E quando quasi tutti gli animali del bosco se ne sono andati? Finalmente tranquilli senza tutti quegli uccelli fastidiosi tra i rami, mi hanno detto.
Poi hanno iniziato a inondarci di strane sostanze. Lo fanno per la nostra salute, mi dicevano gli altri, eliminano i parassiti.
A nulla sono valse le mie osservazioni sul fatto che prima non stavamo affatto male, con i rovi, gli animali, perfino con i parassiti.
Quando sono arrivati con le motoseghe qualcuno ha cominciato ad avere dei dubbi, ma visto che si limitavano a tagliare solo gli alberi storti, cresciuti male o molto anziani, le proteste si sono limitate a qualche mugugno, compensato dalla maggiore ariositá del nuovo ambiente.
Il giorno che mi ha convinto nella mia decisione è stato quello in cui tre esseri umani hanno passato ore a guardarci da ogni angolazione, anche con quegli oggetti che utilizzano per misurare, catalogare, registrare.
Ci ho messo un po’ e non è stato per niente facile, capirete bene, noi alberi siamo di natura stanziali, radicati al posto in cui nasciamo, se mi permettete il piccolo gioco di parole.
Ma le mie radici per fortuna sono agili e non si insinuano molto in profondità. Ho smesso di crescere in altezza, ho perfino smesso di fogliare quando era il tempo. Qualcuno mi ha preso per pazzo, qualcun altro mi ha guardato con compassione, la maggior parte non ha fatto caso a me, che con calma ho allungato una delle mie radici.
Ora sono un albero nuovo, la radice che mi ha portato fino a qui è stata tranciata tempo fa, quando il mio vecchio tronco è stato estirpato insieme a molti altri.
Dalla collina in cui sono ora vedo la città che continua ad avvicinarsi, crescendo attorno al parcheggio che una volta era il mio bosco.
E le mie radici continuano ad allontanarsi.
È triste, ma risuona di speranza.
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E’ triste e basta
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Perché, scusa? L’albero che si salva da solo mi è piaciuto molto. Dà l’idea che non tutto sia perduto.
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❤
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Ci leggo tante di quelle verità che sto facendo fatica a digerirlo.
Inevitabilmente bello.
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Grazie.
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E gli umani continuano a segare…
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Grazie mille 😊
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È toccante 🌹 originale mettersi nei panni di un albero!
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Grazie, sai sono un po’ legnoso…
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🙏🌹
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Bello, bello e ancora bello.E vero….
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Grazie, grazie e ancora grazie.
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