Mosaico, Puzzle in Noir – ULTIMA PUNTATA

Qui dovrebbe esserci un riassunto, ma onestamente chi li legge i riassunti? Per saperne di più vi rimando alla prima puntata di questo racconto scritto da sette autori differenti per stile e genere, ognuno libero di portare il suo personaggio dove vuole.

[39] Il finale

Sono in pochi al mondo ad aver conosciuto Numero 6 di persona. Pochissimi quelli ancora vivi per raccontarlo. Mai un cedimento nel suo lavoro, mai una missione non conclusa in maniera soddisfacente. Non sarà questa la prima volta. La ferita non va per niente bene, ma non è il momento di pensarci. Si inietta nel braccio un’ulteriore massiccia dose di antidolorifici, poi con fatica ingabbia il braccio ferito e inutile dentro il giubbotto, ben stretto in modo che non gli sia di intralcio. Recupera il fucile e si incammina verso le coordinate del telefono della stronza che lo ha ferito.

Ci sono giorni in cui Augustus odia il suo lavoro. Sono molto, molto rari, per fortuna. Ma questo è uno di quei giorni. L’auto serpeggia tra le strade montane immerse nella nebbia, l’autista sembra quasi par far parte della dotazione di serie, tanto è rigido e silente alla guida.
«Elisabeth.» Scandisce Augustus nel sistema di comunicazione dell’auto.
«Mi dica, Coordinatore.» La voce dell’assistente è talmente chiara che la donna sembra presente nella vettura, invece che essere nel suo ufficio a parecchi chilometri di distanza.
«Ho avuto un’interessante conversazione con la nostra vecchia conoscenza.»
«Ne sono lieta, Coordinatore.»
«Purtroppo ho dovuto rivelare un’informazione riservata, personale, direi.»
«Non dica altro Coordinatore. Sto già inviando una squadra per risolvere il problema.»
«Sapete dove si trova ora?»
«Abbiamo un drone dedicato a lui, Coordinatore. Dobbiamo occuparci anche dell’altro soggetto che ha incontrato?»
«No, grazie Elisabeth. A quello ho già pensato io.» Conclude Augustus chiudendo la comunicazione. Concede un pensiero alla memoria di Filippo.
Sì, oggi è uno di quei giorni in cui Augustus non si trova a suo agio.

Lauren guida la sua auto lentamente, come in trance. Il sedile posteriore è intriso di sangue, il lunotto in frantumi e la carrozzeria perforata in più punti. Probabilmente è un miracolo che funzioni ancora. Ma si trattasse solo di questo non sarebbe un problema. Il problema è che è appena stata cacciata via dalla sua vita, che d’accordo, probabilmente non era una vita particolarmente eccitante, ma era la sua, costruita con calma e amore per i particolari. Non le va bene.
Accosta l’auto e recupera il cellulare. Compone il numero della locale stazione dei Carabinieri. Poi fa inversione.

Numero 6 è abbastanza soddisfatto. Essere riuscito a posizionare in modo corretto il fucile di precisione nonostante il braccio in meno è un ottimo risultato. E’ perfino abbastanza vicino da non aver nemmeno bisogno del mirino telescopico, basta quello classico. La visuale gli consente di tenere sotto controllo tutta la casa da cui proviene il segnale del cellulare. All’esterno è parcheggiato un pickup che da un rapido controllo risulta intestato alla madre del benzinaio morto bruciato nel capanno. Numero 6 non ha ancora capito chi diavolo sia veramente la bella ladra incontrata il giorno prima, ma non gli interessa. Il dito è sul grilletto. Al minimo movimento nella casa lo premerà.

Gregory osserva Jo passare da una finestra all’altra, su ogni lato della casa, sempre al riparo delle tende. Sembra instancabile. Forse l’ha giudicata male, in passato. Si ripromette di non farlo in futuro. Anche se, la possibilità di sopravvivere alle prossime due ore sembra molto flebile al momento.
«Scappa Jo.» Le dice in uno dei momenti in cui lei gli passa accanto. «Avresti dovuto farlo fin dall’agguato in strada.»
Lei si ferma e lo guarda sorridendo. «E perdermi tutto il divertimento? No. Avrei dovuto portarti in ospedale, piuttosto che tornare in questo buco.»
Greg reprime una risata, che ha scoperto essere molto dolorosa. «In ospedale non avrei superato il pronto soccorso, lo sai, la Società ha occhi ovunque. E non ci sarà molto da divertirsi qui, a meno che il nostro amico là fuori non decida di raggiungerci per prendere un caffè, io…» Smette di parlare appena il rumore di un motore si fa abbastanza forte da essere udito all’interno, seguito dallo stridio di una frenata.
Jo spia all’esterno. «Oh, Cristo, ma è impazzita?»
Lauren esce di corsa dall’auto e si piazza davanti alla sua porta di ingresso. Inizia a bussare con forza, mentre grida per farsi sentire chiaramente. «Apri Jo. Apri la porta di casa mia.»

Numero 6 non crede a quello che vede. La donna scesa dalla Panda 4×4 appena arrivata sembra bruciare dal fuoco sacro dell’urgenza. La tiene costantemente sotto tiro mentre lei prende a pugni la porta della casa come se fosse un sacco da pugilato. In una delle finestre a lato della porta nota un leggero movimento. La tenda viene scostata di pochissimo, ma abbastanza da essere notata da lui. Resiste alla tentazione di sparare. La casa è in muratura e legno. E’ molto probabile che i proiettili ad alto potenziale del fucile riescano a penetrare la parete e colpire all’interno. Ma non sa dove possano trovarsi il Soggetto e la donna che lo aiuta.

Lauren non ha intenzione di demordere. Insiste a colpire la porta. E’ decisa a riprendere possesso della sua vita, a cominciare dalla casa.
«Lauren,» grida Gregory da dentro, «maledizione, vattene. Sei in pericolo.»
«Non sono io che devo andarmene! Voi avete invaso la mia proprietà, la mia vita. Andatevene voi!»

Numero 6 attende. Finalmente la porta sembra aprirsi. Prima di poco, poi completamente quando la donna dell’auto sparisce all’interno.
L’addestramento e l’esperienza di Numero 6 lo fanno diventare operativo in un secondo.
Aprendosi, la porta ha liberato uno spiraglio di visuale all’interno, sufficiente a mostrare una specchiera accanto all’ingresso. Sufficiente a mostrargli la posizione degli occupanti. Sposta la canna del fucile in un nanosecondo e preme il grilletto. Una, due, più volte, cercando di dare la maggior copertura possibile.

La parete va in frantumi in più punti. I proiettili sfondano il legno andando a colpire qualsiasi cosa all’interno mentre quelli che raggiungono i mattoni creano piccole esplosioni di muratura e schegge di ogni genere volano ovunque. La raffica di colpi sembra non finire mai. Senza nemmeno sapere come, Gregory riesce a lanciarsi verso Lauren e farla cadere dietro al divano. Jo chiama a raccolta tutti i santi del paradiso in una sequela di imprecazioni che però hanno l’effetto di farle schivare tutti i colpi.
Quando il fragore delle detonazioni si conclude, resta solo un silenzio glaciale. Poi le sirene delle volanti dei Carabinieri iniziano timidamente a farsi sentire.

Numero 6 ha svuotato il caricatore. La canna del fucile produce un sottile filo di fumo che si alza tranquillo in mezzo agli arbusti in cui è infrattato. In lontananza sente arrivare le volanti a sirene accese. Ci mancano solo le forze dell’ordine per complicare le cose. Non ha più tempo da perdere se vuole concludere la missione. Abbandona il fucile e corre verso la casa con la pistola in pugno.

«Dobbiamo andare, presto!» Grida Gregory, cercando di raschiare il barile delle energie. Lauren è seduta per terra davanti a lui, lo sguardo indecifrabile. Scuote la testa come a negare l’evidenza. Jo arriva alle spalle di Gregory. «E’ sotto choc.»
«Lo vedo, cazzo. Andiamo via. È noi che vuole. E a questo punto io voglio lui.» Sentenzia Gregory prima di lanciarsi fuori di casa, seguito da Jo.
Le sirene delle volanti sono sempre più forti. Gregory esce allo scoperto sparando tre colpi in tre direzioni diverse. Jo fa altrettanto. «Il pickup.» Urla Jo.

Numero 6 avanza verso la casa protetto dal pickup parcheggiato all’esterno. Compensa l’andatura sbilanciata dal braccio ferito correndo quasi di lato, sempre con l’arma puntata avanti a sé. Sente alcuni colpi di pistola e si abbassa istintivamente. Nell’inerzia della corsa si trova improvvisamente sul lato sinistro del furgone.
La donna sta cercando di aprire la portiera.
Le spara alla testa.
Lei cade a terra senza un gemito, come un sacco vuoto. Poi è il suo turno di essere colpito.

L’ultima immagine che Gregory ha di Jo è quella di una donna che nonostante tutto sembra sorridergli dalla parte opposta di un pickup. Un attimo prima è lì, un attimo dopo non esiste più. Poi l’istinto fa il resto. Si butta a terra e cerca i piedi dell’uomo che lo sta braccando. Preme il grilletto tre volte. Almeno uno dei colpi va a segno. Uno dei piedi dell’uomo sembra quasi staccarsi dalla caviglia. Il resto del corpo carambola a terra. Senza perdere tempo Gregory si rialza e supera il furgone.

Numero 6 non fa in tempo a complimentarsi con se stesso per aver eliminato la stronza che gli ha fottuto il braccio. Perché il suo collega gli porta via un piede. Se ne accorge solo perché improvvisamente cade a terra, gli antidolorifici lo hanno reso completamente insensibile. A terra si aspetta di essere finito, invece il secondo, forse il secondo e mezzo che si trova a poter gestire gli permette di puntare la sua arma verso quello che fino ad ora è stato il Soggetto. Svuota il caricatore.
E Gregory fa lo stesso.

Le due gazzelle dei Carabinieri arrivano quando sembra tutto finito. Gli agenti escono di corsa dalle auto, corpetti antiproiettili indossati e mitragliette in mano. Si avvicinano con attenzione ai corpi stesi accanto al furgone rosso parcheggiato, segnalando il loro arrivo a gran voce. Due di loro entrano nella casa e ne escono quasi subito portandosi dietro Lauren.
Gli altri si posizionano attorno ai due uomini armati che sembrano essere ancora vivi, intimandogli di gettare le armi.

Augustus ha osservato tutta la scena da un promontorio vicino, ma a distanza di sicurezza. Senza nemmeno uscire dall’auto.
Non avrebbe voluto che le cose andassero in quel modo. Ma è successo e nulla può cambiare gli avvenimenti. Forse per la prima volta nella sua vita sperimenta la sensazione di aver irrimediabilmente perso qualcosa.
«Elisabeth.»
«Mi dica Coordinatore.»
«Richiedo pulizia dell’area. Doppio livello.»
La segretaria impiega un istante più del dovuto a rispondere. «Mi scusi Coordinatore, Pulizia dell’area a Livello 2. Conferma?»
«Confermo.» Sentenzia Augustus prima di chiudere la comunicazione.

Il cielo è di un azzurro sfavillante, pensa Gregory. Non ascolta le grida dei militari che lo hanno circondato perché non lo interessano. In realtà non c’è più nulla che gli interessi veramente. Nemmeno il suo corpo che ormai quasi non sente nemmeno di avere. Sposta lo sguardo sull’uomo che giace con lui sull’erba di quella montagna e abbozza un sorriso.
«Che giornata di merda, eh?» Riesce a dire con un filo di voce.
Numero 6 vorrebbe ridere, ma ovviamente riesce solo a sputare sangue. Allora chiude gli occhi, come ad assentire.

Il drone di derivazione militare vola a 7000 metri di quota. Segue una rotta circolare e statica sopra il punto di interesse. Alla ricezione del segnale, il primo dei suoi due missili aria-terra si stacca e in pochi secondi raggiunge l’obiettivo.
La casa, il terreno circostante, le auto, tutte le persone vive e morte nel raggio di duecento metri vengono spazzate via.
Il secondo missile detona in aria, non crea un’esplosione, ma un’onda elettromagnetica che “brucia” ogni apparecchio elettronico fortuitamente sopravvissuto all’esplosione.

Il Coordinatore ordina all’autista di fare ritorno a casa.

[40] Epilogo
C’è un grande e lussuoso palazzo residenziale nel centro di Roma.
Sotto al palazzo c’è un meno grande e meno lussuoso parcheggio sotterraneo.
Una Mini Countryman che sembra appena uscita da una scena finita male di un film d’azione arriva ad occupare lo stallo riservato a lei.
Ne esce una donna dall’aria trafelata, visibilmente sconvolta. Raccoglie una borsa e sparisce in una scala che porta agli appartamenti.
Subito dopo un’ombra prende forma rivelandosi per quello che è, un’altra donna. Possiede le forme e le movenze di una nonna di campagna. Poco della Lei di ora lascia intuire la grande giornalista che è stata un tempo.
Si avvicina all’auto e la osserva dall’esterno, poi una volta essersi assicurata di non avere compagnia apre una portiera e con le mani ne tasta il pavimento. Quando finalmente pensa di avere trovato quello che cercava si allontana con disinvoltura. Le parole della e-mail ricevuta il giorno prima, ancora le bruciano negli occhi.

Lei non mi conosce, ma sono l’uomo responsabile della morte di suo figlio.
È morto nel tentativo di rivelare al mondo molte verità nascoste.
Sono certo che troverà il modo per finire il suo lavoro.
Trovi l’auto di cui le invio la targa . Cerchi all’interno.
Le chiedo perdono.
G.

Nel frattempo, non molto lontano da quel luogo, durante un raduno di fedeli in piazza San Pietro, un uomo comune si aggira tra la folla, così come altri, in altre capitali europee, diffondendo un virus rubato che causerà quella che sarà l’ultima, definitiva, pandemia.

A tutti coloro che hanno avuto la forza, la pazienza e il coraggio di arrivare fino a qui, va la mia riconoscenza. Prometto che non lo faccio più.

Un grazie speciale a Maida, Elena, Sara, Onofrio, Silvana e a mio fratello Roberto. Mi scuso con loro se ogni tanto mi sono arreso alla tentazione di fare qualche modifica ai loro pezzi. Spero vi siate divertiti tanto quanto me.

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