#159 – Il giardiniere

“Oggi è il mio ultimo giorno, Giorgina.”
La donna sembra non capire le parole, i suoi occhi sono vispi e attenti, ma la loro attenzione è rivolta solo a quello che si vede oltre la finestra della stanza. Tutte le altre informazioni visive sono confuse, incomplete. Per lei esiste solo il mondo al di là della finestra.
L’uomo sorride e le accarezza i capelli bianchi e diradati. Pensa tra sè che la ragazza nuova non ci sa proprio fare a tagliare i capelli alle ospiti. Non è il suo mestiere. Avrebbe fatto un lavoro migliore lui con le cesoie da potatura.
“Augusto…” Dice l’anziana donna accorgendosi solo ora dell’uomo che le accarezza la testa.
“Sì Giorgina.” Risponde Tommaso.
Lei sorride e torna a guardare al di fuori. Il giardiniere ha capito da tempo di ricordarle il figlio che invece non si ricorda più di lei, e la lascia fare.
“Son venuto a salutarti, Giorgina. Oggi è il mio ultimo giorno.” Ripete il giardiniere più a se stesso che altro.
Giorgina sembra annuire mentre continua a guardare oltre la finestra, oltre le quattro pareti che sono diventate il suo mondo negli ultimi dieci anni.
Tommaso si decide ad alzarsi dalla vecchia sedia di bachelite e metallo e la ripone nell’angolo dove riposa vuota quando non la usa lui.
Prima di lasciare la stanza rivolge un’ultima occhiata all’anziana donna che gli ricorda così tanto sua madre da fondere ormai i due volti, proprio come Giorgina mescola lui al figlio Augusto. Recupera le cesoie dal tascone dei pantaloni e inizia la sua ultima giornata da giardiniere.

“Oh, Lena, ma hai visto te che roba?”
“No. Cosa?”
“Il Tommaso, ha fatto un casino.”
“Chi?”
“Il giardiniere, Tommaso.”
“Ah, non sapevo come si chiama…”
“L’è andato via ieri, in pensione.”
“Beato lui, noi invece ancora qui a pulire culi…”
“Eh ma mi sa che il Don gli chiede i danni…”
“Cazzo ha combinato?”
“Il ciliegio grosso, quello vicino alla chiesa…”
“Siii…”
“Il Tommaso l’ha spaccato tutto.”
“Spaccato? ”
“Ma sì, lo ha tagliato tutto male, ci sono ancora tutti i rami giù per terra, l’ha fatto ieri sera quand’era buio, così il Don non l’ha mica visto, se no gli correva dietro col forcone, gli correva…”
“Mah, lo si vedeva che non era tanto giusto… Cià vado io a fare la Giorgina.”

La Giorgina è facile da sistemare, al mattino. È esile, leggera, docile. Non protesta quando la smuovi per le operazioni di pulizia, basta che possa sempre guardare fuori dalla finestra. Le operatrici sanitarie lo sanno e cercano di accontentarla. Questo basta di solito a non far perdere a Giorgina la sua espressione tranquilla.
Ma oggi è più che tranquilla. È radiosa. L’operatrice se ne accorge subito appena entra nella stanza. Incontra il suo sguardo e rimane ipnotizzata dalla serenità che emana. Lo segue fino ai vetri della finestra chiusa, oltre lo spazio che divide la stanza di Giorgina dall’albero di ciliegie vicino alla chiesa. L’albero che il giardiniere ha tagliato senza criterio e senza ragione prima di lasciare il lavoro. Non riesce a trattenere un gemito di meraviglia quando vedendo la pianta da quella angolazione riconosce la forma di un volto tra quei rami e quelle foglie. Un volto impossibile da scorgere da qualsiasi altro posto che non sia la finestra della stanza di Giorgina.
Il volto che sorride a Giorgina dalla cornice sul comodino.
Il volto sorridente di Augusto.

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