#143 – Fedele

Il bambino avanza deciso, tiene stretta la mano della nonna, si guarda attorno cercando di non far vedere quanto in realtà si senta intimorito da quel posto così particolare. È la prima volta che ci mette piede dopo averlo sempre visto da fuori, la domenica mattina, dopo la messa.
Credeva che ci fosse un castello all’interno delle alte mura che invece nascondono tantissimi alberi tutti uguali e tutti in fila, attraversati da sentieri di sassolini bianchi e ancora tanti monumenti, grandi e piccoli, tutti in fila. Angeli di pietra e altre figure sconosciute osservano in silenzio il passaggio di Luigino e sua nonna.
“È qui che abita il nonno?” Domanda il bambino.
La nonna annuisce e gli strattona leggermente il braccio. Lo fa per affetto, ma a Luigino non piace, non gli piace mai. “Sì, insieme a tanti altri di famiglia che te non ti hanno conosciuto…” Risponde, poi sospira, iniziando a snocciolare una serie di nomi che a Luigino sembrano tutti uguali e che gli fanno pensare a quando la nonna ascolta la radio e una signora con la voce sorridente continua a dire cose che poi la nonna ripete mentre pulisce la casa.
“Eccolo qui.” Dice finalmente nonna fermandosi di scatto, tanto da far perdere l’equilibrio a Luigino. Il bambino si ritrova davanti a una lastra di pietra liscia e bianca appoggiata sul prato. Sopra c’è una grande foto del nonno uguale a quella che campeggia nel salotto di casa oltre che in cucina a fianco di quella del Papa. Senza perdere altro tempo la nonna si piega a gattoni e inizia a spolverare la lastra con un’energia insospettabile. Luigino non sa bene cosa fare dopo aver militarmente eseguito il suo miglior segno della croce esortato dall’indaffarata nonnina. Guardandosi intorno, mentre immagina di veder sbucare Winnie The Pooh da dietro un albero, nota qualcosa, al limite del boschetto, proprio a ridosso dell’alto muro di cinta.
“Nonna, quello cos’è?”
La donna alza lo sguardo solo il tempo di capire e risponde con noncuranza. “Oh, quello è Fedele.”
Luigino assimila l’informazione in quel modo semplice in cui di solito fanno i bimbi. Quello è Fedele. Punto.
“Non ti avvicinare, mi raccomando,” prosegue la nonna, impegnata a lucidare la foto in ceramica del defunto marito, “è cattivo. Non fa avvicinare nessuno alla tomba del suo padrone.”
Anche questa informazione viene assimilata da Luigino per quello che è. Un’affermazione. Non fa avvicinare nessuno. Il come e il perché non è pervenuto.
“A dire la verità nessuno sa come si chiami.” Prosegue nonna. “Lo abbiamo chiamato così visto che si è piazzato lì da quando è morto l’Ermanno. Da solo… e non si è mai spostato.”
“Mai?” Chiede Luigino.
“Mai.” Risponde la nonna. “Ricordo ancora il giorno in cui è arrivato. Stavamo facendo il funerale all’Ermanno. Era un buon uomo l’Ermanno. Faceva i trasporti per la fabbrica dei mattoni, partiva il mattino presto e finiva per cena. Veniva sempre in trattoria da noi a mangiare, il tuo nonno e lui erano amici sai. E se ti devo dire la verità, l’Ermanno era anche un bell’uomo… Mai come il tuo nonno eh… Ma insomma… Però non si è mai sposato. Lavorava, andava in giro con il suo camion e quel cagnaccio pulcioso che si portava sempre dietro. Io non lo facevo mica entrare in trattoria. Il cane, non l’Ermanno. Lui entrava eccome. E mangiava, orcocane se mangiava. Gli piaceva proprio mangiare. Con gli anni è diventato grosso, parecchio. Talmente grosso che non sembrava possibile che riuscisse a salire su quel suo camion. E a scendere anche. Infatti è lì che l’han trovato. Al volante. Sembrava che dormisse, là nel parcheggio. Per tirarlo fuori son dovuti venire i pompieri e hanno fatto fatica, perché prima è dovuto venire quello del comune a prendere il cagnaccio che continuava a ringhiare e non faceva avvicinare nessuno… e poi, al funerale… nessuno se l’aspettava… ancora adesso…”
La nonna racconta mentre incessantemente lucida la lastra di marmo, toglie i fiori vecchi per metterne di nuovi, accarezza la foto del marito, stermina una lunga fila di formichine la cui unica colpa è quella di passare di lì in quel momento, e non si accorge che Luigino ha smesso di ascoltarla da chissà quanto.
Perché a Luigino tutta quella storia non interessa. A lui interessa solo Fedele. Ecco perché adesso cammina piano ma deciso lungo la stradina di sassolini bianchi verso di lui.
Quando la nonna se ne accorge ormai è troppo tardi. Le sue grida lo raggiungono ma non lo fermano.
Luigino allunga una mano, senza paura e con la delicatezza e l’innocenza che solo un bambino ancora piccolo possiede.
Allunga una mano verso Fedele che lo riconosce per quello che è, un esserino inerme e curioso, e per questo non si oppone al gesto.
Luigino sorride e tocca con delicatezza il grosso pneumatico del camion, che per tutta risposta lampeggia con uno dei fanali e ondeggia i tergicristalli.

 

11 Comments

  1. qui non è tanto il finale a sorpresa (e ci hai portato in modo egregio) quanto la bravura di mantenere intatta l’atmosfera rarefatta della fedeltà post-mortem anche se si tratta solo di un camion, sono bastati un tergicristallo e un fanale a intermittenza, vero tocco da artista.
    ml

    Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...