La porta della camera la apre piano, come ogni volta.
E come ogni volta cerca di non farle emettere quel cigolio a metà della corsa, invano.
E come ogni volta si ripromette di oliarla, dimenticandosene poi.
L’interno è in penombra. Entra e richiude. Gli occhi si abituano in fretta al cambiamento di luminosità, il naso riconosce l’odore che ormai ha imparato a definire come casa. Appoggia la valigetta a terra, pochi passi lo portano alla moglie appisolata nel letto accanto al figlio. La sveglia con un bacio sulla fronte e le sussurra di andare a dormire. Lei sorride appena, non dice nulla, si solleva leggera e prima di lasciare la camera stringe l’uomo in un abbraccio morbido. Il sapore delle lacrime sul suo viso è ancora pungente, anche se sono già state versate da tempo.
Ora l’uomo è solo nella camera del figlio. Allarga il nodo della cravatta e si sfila la giacca lasciandola cadere su una sedia. Un foglio piegato scivola a terra da una tasca. Lo raccoglie prima di lasciarsi cadere sulla poltroncina accanto al letto.
La voce leggera del bambino lo raggiunge appena prima che le palpebre cedano alla stanchezza, dopo aver riletto per l’ennesima volta le poche righe stampate sul foglio intestato alla fioca luce che penetra dalla finestra.
“Papo?”
“Ciao piccolino.”
Un bacio.
“Ho fatto un sogno.”
“Bello o brutto?”
“Ho sognato Apetta.”
“Allora è stato un bel sogno.”
“Mi racconti ancora la sua storia?”
“Ancora?” Chiede il padre sospirando, “ma non stavi dormendo?”
Il bimbo sfodera un sorriso per risposta, quel sorriso a cui sa che il papà non potrà dire di no.
“Va bene piccoletto, però poi a nanna.” Senza attendere risposta, l’uomo si avvicina con la poltroncina il più possibile al bordo del letto, stringe delicatamente una mano del figlio e inizia a raccontare.
“C’era una volta, in un piccolo paese lontano, una piccola bambina vivace, simpatica e intelligente. Tutti la chiamavano Apetta perché quando si muoveva sembrava un’ape in cerca di fiori da impollinare. Non stava mai troppo ferma nello stesso posto e ronzava da un punto all’altro proprio come una piccola ape laboriosa che salta di fiore in fiore. Tutti volevano molto bene ad Apetta perché era una bimba gentile e premurosa, sempre felice e solare. Ovunque andasse riusciva a portare gioia e buonumore e aveva sempre una buona parola con tutti. Però Apetta aveva anche un piccolo difetto, insomma, neanche tanto piccolo. Le piaceva fare scherzi, era tremendamente dispettosa e qualche volta non proprio ubbidiente. Proprio per questo una volta si cacciò in brutto guaio. Vedendo un tizio strano che passeggiava per il paese, si accorse che da sotto il suo soprabito spuntava la punta di una coda. Corse subito a raccontarlo al nonno, ma questi le disse che era impossibile che un uomo avesse la coda, che doveva essersi sbagliata e, che se proprio era sicura che si trattasse di una coda, sarebbe stato meglio ignorare la cosa. Ma noi lo sappiamo, Apetta non era una bambina a cui si poteva impedire di fare qualcosa quando se la fosse messa in testa. Ed ecco che tornò sui suoi passi in cerca dello sconosciuto e una volta trovato, sgattaiolò alle sue spalle per controllare bene se si trattasse di una coda vera o cos’altro. Ma Apetta correva troppo veloce e lo stranierò si arrestò bruscamente per chissà quale motivo. Fu così che Apetta, senza volerlo, perse l’equilibrio e si ritrovò appesa alla coda dell’uomo, che sentendosi tirare per il di dietro, si arrabbiò tanto quanto Apetta non aveva mai visto. Urlò maledizioni a tutto spiano verso chiunque gli capitasse a tiro e quando si accorse che il responsabile del suo fastidio era una bambina minuta e intimorita, le gridò parole incomprensibili fino a quando Apetta, ancora frastornata e spaventata, capì che avrebbe dovuto mollare la presa. Purtroppo, le parole che lo straniero aveva rivolto ad Apetta si rivelarono essere degli incantesimi di stregoneria che le procurarono grandissimi mal di testa e altri dolori un po’ dappertutto, quasi tutti i giorni della sua vita. Ma Apetta non si diede per vinta come avrebbero potuto fare molti altri al suo posto. Decise che avrebbe continuato a vivere esattamente come prima, anzi, molto più felicemente di prima, perché scoprì ben presto che la felicità, l’ottimismo e l’allegria erano un’arma formidabile contro la maledizione dello stregone con la coda. Così Apetta crebbe e aiutò tantissime persone come lei a superare le difficoltà con un sorriso e una battuta. E non smise neanche di essere dispettosa, perché quelli che la trattavano maleducatamente dovevano sempre aspettarsi uno scherzo tremendo da parte sua. Perfino lo stregone non dorme più sonni tranquilli da quel giorno, perché sa che Apetta lo sta cercando e quando lo troverà…”
Il papà smette di raccontare, come d’abitudine, aspettando la domanda di rito del figlio per poi concludere la storia.
Ma il bambino ha ripreso a dormire serenamente.
Allora l’uomo sfila la mano dalla piccola presa ormai leggera e si avvia silenziosamente fuori dalla stanza.
La luce nel corridoio è fredda e tagliente, come lo è sempre, giorno e notte. Sua moglie non è andata a casa, lo aspetta semi addormentata su una delle poltrone nella saletta d’attesa. Quando lo vede gli corre incontro sorridendo. Non hanno bisogno di parlare. Hanno letto e riletto fino a consumarle, le parole stampigliate sull’ultimo esame medico. Le parole che dicono che il loro bambino potrà tornare a casa e, con un po’ di attenzione, condurre una vita normale.
L’uomo stringe la donna, mentre dalla grande finestra che versa sul cortile vede entrare in Accettazione un’altra coppia di anime disperate, a seguito di una barella occupata da un corpo minuscolo, attorniato da flebo e infermieri.
E prova una stretta allo stomaco.
Nota: L’argomento è talmente delicato che spero di non mancare di rispetto a nessuno, pubblicando questo piccolo racconto. Mi è venuto alla mente dopo aver letto questo post di alemarcotti. E’ ovviamente ispirato da lei.
Ma è bellissimo…. Sono onorata e fortunatissima….grazie di cuore. Lo pubblico e me ne vanto💖
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Il dolore per la malattia di un figlio è veramente sconvolgente perché i piccoli sono piccoli. Quando c’è guarigione c’è festa nel cuore. 💗
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È bellissimo, tocca il cuore
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Grazie…
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il racconto è molto bello (come il tema che tratta), ma non ho ben capito il nesso tra Apetta e la famiglia…aspetto di saperne di più…e intanto me la rileggo!
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Non c’è un nesso logico… La favola di Apetta è ispirata alla vita di Ale Marcotti. Leggi il suo blog e la riconoscerai. Ho inserito la favola in un contesto ispirato a uno dei suoi post. Lieto di averti sempre qui.
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Grazie mille, dipendo dai tuoi racconti
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Grande!!!!!👏👏👏👏👏👏👏🔝
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Grazie 🙂
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doppiamente delicato e nobile, per il tema e per la dedica.
ml
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