#127 – La strana storia di Christophe Dubois

La prima volta, Christophe Dubois nacque in una famiglia agiata dell’alta borghesia parigina.
Venne alla luce, come tradizione, tra le mura domestiche e sempre tra quelle mura ricevette un’istruzione adeguata da mentori e tutori appositamente selezionati dal padre, noto commerciante nonché uomo di una certa levatura politica.
Crescendo, Christophe dimostrò un’attitudine particolare alle scienze, suscitando in un primo tempo il disappunto del padre che lo avrebbe voluto accanto a sé nell’azienda di famiglia e magari anche, perché no, suo successore nel panorama politico nazionale. Ma il suo iniziale scontento fu mitigato dai successi del figlio nel campo della medicina, arte in cui eccelleva particolarmente.
Christophe Dubois fu il più giovane chirurgo della nazione a esercitare la professione medica. Divenne ben presto conosciuto e stimato non solo nel suo ambiente grazie ai successi lavorativi, ma anche nella buona società della capitale grazie ai modi affabili e, diciamolo pure, a una buona dose di fascino che lo rese popolare tra il parterre femminile, e non solo. Al momento opportuno Christophe scelse per sposa una donna giovane e brillante, astro nascente nel mondo dell’arte pittorica. Insieme ebbero quattro figli e una vita felice e regolare.
Christophe Dubois spirò nello stesso letto in cui nacque esattamente settant’anni più tardi, il giorno del suo compleanno.
E rinacque. Tornò alla luce una seconda volta.
E rivisse la sua vita esattamente allo stesso modo. La stessa famiglia, gli stessi studi, la stessa carriera, la stessa moglie e gli stessi figli. Senza rendersi realmente conto di aver già vissuto tutto. Morì, sempre il giorno del suo settantesimo compleanno.
E rinacque. Per la terza volta.
Questa volta durante l’adolescenza fu turbato da strani, nitidi sogni che puntualmente vedeva realizzarsi dopo qualche tempo, che si trattasse di settimane, mesi, talvolta anni. Ma non diede molto peso alla cosa, intento comunque ad affermare la sua carriera di medico chirurgo e a vivere intensamente l’amore della propria famiglia.
Morì ancora il giorno del suo settantesimo compleanno, con una strana sensazione di deja-vu.
E rinacque. La quarta volta però i sogni si trasformarono in ricordi reali. Non ne fu realmente conscio durante l’infanzia, anche se superò i primi anni di scuola con una facilità estrema.
Fu in adolescenza che percepì chiaramente di aver già vissuto in precedenza. Spesso riuscì a prevedere quello che sarebbe dovuto succedere e sfruttò questa capacità per stupire i suoi coetanei, far figura nelle feste della buona società e naturalmente, far colpo sul mondo femminile. Per il resto visse come aveva già vissuto. E morì allo stesso modo.
Quando rinacque per la quinta volta, fu un’esperienza strabiliante. La mente di un uomo adulto e un bagaglio di esperienze lungo una vita racchiusa in un neonato.
Fu difficile. Complicato. Umiliante e seccante.
Provò a spiegarsi. Appena il suo corpo ebbe conquistato la capacità di esprimersi correttamente, fece cadere nel panico la povera madre che si convinse di aver partorito un demone invece di una creatura innocente e spaventò così tanto il padre da convincerlo a liberarsi di lui attraverso una vecchia conoscenza nelle alte sfere del Vaticano.
La vita di Christophe in quel frangente si concluse prematuramente a causa dei non proprio canonici esorcismi a cui fu sottoposto.
Naturalmente tornò alla luce.
Questa volta si guardò bene dal rivelare la sua vera natura. Sopportò stoicamente le umiliazioni dell’infanzia e le tediose attese dell’adolescenza. Commisurò le sue capacità in base all’età, in modo da risultare comunque oltremodo geniale ma senza sollevare sospetti.
Conosceva in anticipo tutto quello che sarebbe successo, strettamente attorno a lui come nel mondo intero, e si procurò una discreta fama oltre che come chirurgo, professione che ormai praticava con noncuranza, anche come vaticinante di accadimenti politici e sociali. Approfittò di questa sua peculiarità per accumulare una discreta fortuna, sposò la stessa donna, ebbe gli stessi figli, e il giorno del suo settantesimo compleanno  attese, non senza un leggero e seccato disappunto, che tutto ricominciasse.
E ricominciò. Per almeno un’altra decina di volte. Ad ogni nuova venuta al mondo, Christophe si chiese per quale ragione fosse imprigionato in quel circolo senza fine nel quale sembrava essere l’unica vittima. Decise quindi di utilizzare la maggior parte del suo tempo per trovare una soluzione.
Smise di seguire i soliti binari che le continue vite sembravano offrirgli ogni volta. Utilizzò le sue capacità di pseudo preveggenza per arricchirsi in modo legale, ad esempio in Borsa, e ancora di più in maniera illegale, grazie alle scommesse clandestine su corse di cavalli o qualsiasi altro evento sportivo di cui ricordava con esattezza il risultato. Smise di sposarsi e di metter su famiglia, attività che gli impedivano di muoversi liberamente nella sua ricerca. Si convinse, dopo vari tentativi, più o meno tra la tredicesima e la quattordicesima esistenza, che una possibile soluzione doveva trovarsi in qualche altro malcapitato essere umano che come lui doveva pur soffrire di questo avverso e strano destino. Provò, attraverso annunci sui giornali che solo una persona a lui affine avrebbe potuto decifrare, a prendere contatto. Ma nessuno rispose. In una delle vite venne perfino allo scoperto scrivendo su riviste e quotidiani articoli che descrivevano nel dettaglio quanto gli stesse accadendo e nei quali chiedeva platealmente aiuto. Pubblicò perfino un libro che divenne un best seller vendendo milioni di copie. Ma non fu preso sul serio.
Realizzò di non aver mai provato a suicidarsi prima dei settant’anni. Lo fece. Più volte per la verità. Non funzionò. Continuò a rinascere.
Ricercò una soluzione nella religione. In tutte le religioni a dire il vero. Visse intere esistenze nel fervore dell’una o dell’altra fede. Non incontrò mai nessun dio.
Disperato, si fece persuaso che se non fosse stato possibile trovare la soluzione nella mente, l’avrebbe potuta trovare nel corpo. Iniziò a girare il mondo alla ricerca di persone simili a lui nell’aspetto. Dei sosia. Decise che sezionando e studiando i corpi di persone a lui simili avrebbe potuto forse scorgere qualche anomalia riconducibile alla strana malattia che lo assillava. Perché ormai di quello si convinse, di essere affetto da una esoterica patologia.
In una sola vita rintracciò e uccise dodici persone molto simili o del tutto uguali a lui, ma solo nell’aspetto purtroppo. Nei loro corpi non trovò nulla che potesse far pensare a una comunanza con il suo problema.
Fu nella resurrezione successiva che qualcosa cambiò. Il suo desiderio di uccidere divenne quasi morboso, smise di essere una ricerca fine a se stessa e si tramutò in un piacere che lo spaventava e rassicurava al tempo stesso. Ma la cosa non poté certo passare inosservata. La noncuranza con cui toglieva la vita a chiunque si trovasse sul suo cammino lo fece passare alle cronache come il più sanguinoso serial killer di tutti i tempi. In tempi, tra l’altro, in cui il termine serial killer ancora non era stato coniato.
Fu catturato in flagranza di reato mentre cercava di indossare l’intera epidermide della sua ultima vittima, forse nell’estremo tentativo di cambiare identità per sfuggire all’implacabile sorte che lo attendeva. Ma questo naturalmente non fu un’attenuante valida per la giuria popolare che lo condannò a morte.
Le cronache riportano che Christophe rise come un bambino quando lo raggiunse la sentenza. Una risata che gelò il sangue a tutti i presenti, perché effettivamente Christophe era ancora un bambino. Fu condannato alla ghigliottina alla tenera età di dieci anni, se non calcoliamo i secoli già vissuti.
Quando sentì la lama scivolare verso il suo collo pensò solo che fosse una maniera interessante di morire. Un bel taglio netto.
E rinacque.
La prima cosa che udì subito dopo essere tornato al mondo fu il suo primo vagito. La seconda non fu il pianto liberatorio della madre, come di consueto, ma un secondo vagito, del tutto uguale al suo, quello del suo gemello.
Da quel momento, almeno Christophe Dubois non fu più solo.

6 Comments

  1. quindi l’immortalità (perchè tutte queste resurrezioni rendono Christopher immortale) non è una piacevole passeggiata ma un labirinto da cui non si può uscire.
    bè, in fondo sei consolatorio per noi predestinati alla mortalità.
    ml

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