#113d – Detective story (finale)

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No, non mi piace per niente.
Madame Rocher ha dismesso tailleur e cappellone giallo oro in vece di una tutina alla Kill Bill che non le rende affatto giustizia. Personalmente avrei optato per un evergreen tipo il modello Giuditta.
“Bentornato, caro.”
Ringrazio educatamente. Che non si dica che ho ricevuto una cattiva formazione.
“Mi perdoni per la scomodità,” continua la donna, “contrariamente a lei, i miei uomini non sono avvezzi alle norme del galateo.”
I suoi uomini, come li ha chiamati, sono schierati alle sue spalle. Artigiani Della Qualità. Parecchi Artigiani Della Qualità. Tutti belli allineati con le loro salopette dal colore indefinito e il cinturone da lavoro farcito di sparagraffe e forbici affilatissime. Riconosco quello che è scivolato fuori dall’appartamento della vedova Manzi. Ora so da dove sono arrivati quei mucchietti di segatura trovati in giro. L’inconfondibile odore di tessuto, colla, truciolato, legno e segatura, componenti dei telai dei divani, mi riempie le narici.
“Non si preoccupi,” rispondo infine, “non stavo così a mio agio da quando nel ’79 quelli della loggia massonica del Bio Presto mi lasciarono in ammollo per giorni. Tutto per una macchia di rossetto sul colletto della camicia. Insistevano nel dire che prima o poi mi sarei sciolto. E comunque la Bella Lavanderina non c’entrava nulla in quella storia.”
La signora dei Rocher solleva un sopracciglio con un’aria di sufficienza che avrebbe da insegnare perfino a Mike Buongiorno, comodamente accomodata su una poltrona relax con movimento meccanico e rivestimento antimacchia. Posizionata di tre quarti rispetto a me e al Banderas (che mi soggiorna accanto con un’espressione di beatitudine che francamente gli invidio molto), sospetto che abbia studiato a lungo la posizione nell’attesa che riprendessi conoscenza. Il fido Ambrogio le sta accanto come il cane bassotto del Signor Bonaventura, leggermente indietro per non rovinare la presenza scenica della sua padrona. Mantiene una valigetta che assomiglia terribilmente a quella presidenziale con i codici nucleari.
Ammetto di non stupirmi più di tanto della situazione. Ci sono cascato con tutte le scarpe, come si suol dire. I contorni della storia ancora mi sfuggono, ma ormai è chiaro che ho involontariamente consegnato Antonio Banderas a questa peculiare cricca di… non saprei nemmeno come definirli.
Passiamo alla fase successiva.
Attingo al Manuale per Giovani McGyver che ho consumato negli anni dell’infanzia e decido di prendere tempo fino a quando un evento fortunato salva l’eroe e il suo sodale. Nello specifico, opto per far parlare il cattivo di turno fino a fargli confessare perfino di avere iniziato la sua lunga carriera criminale rubando la merendina al compagno di prima elementare.
“Quindi, mi sembra di capire che il nostro accordo abbia perso validità.” Esordisco, mentre studio alla cieca il tipo di manette che mi legano polsi e caviglie.
“In realtà, caro signor detective, lei ha fatto un ottimo lavoro, soddisfacendo in pieno le mie aspettative.”
“Ma non ho trovato Findus.”
“Oh, naturalmente, perchè Findus non è affatto scomparso.”
Ed ecco l’ennesimo colpo di teatro, piangerei per la banalità se solo non dovessi mantenere un certo decoro. Il Capitano Findus compare sulla scena, elegante nel suo completo bianco e blu e l’immancabile pipa spenta tra le labbra. Sembra quasi di sentir odore di panatura fritta.
Non riesco a trattenere un: “ovviamente. Beh, vista l’evidenza del fatto che né io né il mio compagno di sventura qui accanto usciremo vivi da questa storia, posso sapere che diavolo state combinando?”
Inaspettatamente è Banderas a rispondere. “Stano conquistando el mundo.”
“Quella è la pvossima fase” Corregge Findus, avvicinandosi a Madame Rocher e salutandola con un leggero baciamano. “Pev il momento ci accontentiamo del nostvo Bel Paese.”
“E come,” ironizzo, “vendendo divani con un marketing aggressivo?”
“Esattamente,” risponde Madame, “esattamente così. Tanto vale che lei sappia, detective. In fondo, provo un pruriginoso piacere a confidare il nostro piano malvagio. E’ così frustrante macchinare in modo così esemplare e non poterlo condividere con nessuno.”
“Ho un’idea,” tento, “facciamo una storia su Instagram mentre raccontate, sai quanta visibilità?”
Madame Rocher ha un attimo di esitazione, ci pensa Findus a trarla d’impaccio. “Buon tentativo, ma divei di no. Vuoi conosceve il nostvo piano o la facciamo finita subito? Comincio ad annoiavmi.”
Sto zitto, espressione quanto più possibile curiosa e ammirata, cercando di non far notare a Bonnie e Clyde l’agitazione di Banderas per aver notato un movimento piumoso.
“Permettimi caro,” inizia Madame rivolta al baccalà, poi voltandosi verso di me, “qualche tempo fa, durante un thè delle cinque in un palazzo storico di Torino, ho avuto un’illuminazione. Le discussioni più interessanti si sviluppano in un salotto. Le idee illuminanti sovvengono mentre si è mollemente adagiati sul proprio sofà. La cultura, le arti, la filosofia, tutto si articola nei tinelli, sulle poltrone, sui divani. Le sorti del mondo intero sono discusse nei salotti buoni della politica. Sempre in presenza di divani, poltrone e sofà! E quale modo migliore di assumere il potere globale se non utilizzare questi moderni cavalli di troia per scardinare il potere costituito!”
“Non credo di aver capito”
“Ma non è evidente?” Sbuffa la madame, “con la nostra filosofia aziendale e di marketing denominata sfrangimaroni, abbiamo piazzato divani e sofà in ogni salotto di ogni casa di ogni città del Paese. E in ognuno dei nostri prodotti è nascosto un Artigiano Della Qualità Kamikaze che aspetta solo un nostro segnale per farsi esplodere nel momento giusto.” Indica la valigetta. “L’anarchia, il vuoto politico e di comando che si verrà a creare sarà terreno fertile per piantare i semi del nuovo ordine mondiale. I Partigiani Della Qualità!”
Per dovere di cronaca ho qui riportato per intero il discorso, ma ammetto di essermi perso in altri pensieri alla seconda frase. Completamente assorto nell’osservare un piccolo pezzettino di spinacio bloccato tra un canino e un incisivo della donna, che finalmente trova la libertà lanciandosi nel vuoto grazie all’enfasi con cui la sua carceriera pronuncia la parola Partigiani.
Mi accorgo che lei smette di parlare e mi osserva desiderosa di una qualsiasi reazione da parte mia. Anni di matrimonio alle spalle mi hanno conferito la capacità di far credere d’aver ascoltato attentamente ogni parola. “Continuo a non capire.” Sentenzio.
Madame si esaspera. “Ah, non importa, fa anche lei parte della massa che andrà rieducata, plasmata secondo i nostri desideri. Anzi no, lei sarà già defunto.”
“Questo lo capisco meglio, mi sfugge invece cosa c’entriamo io e Banderas in tutto questo.”
“Oh, sì, mi era sfuggito di spiegarle questo particolare. Semplicemente il signor Banderas ha rappresentato una spina nel fianco della nostra organizzazione da qualche tempo a questa parte. In qualche modo dev’essere venuto a conoscenza del nostro piano e ha provato in tutti i modi a metterci i bastoni fra le ruote. Quando abbiamo deciso di eliminarlo è sparito. Ci serviva qualcuno che lo trovasse per noi.
“Ma perché fingere la scomparsa di Findus? Perché non chiedermi direttamente di trovare lui?”
“Detective, lei mi delude, dove la mettiamo la teatralità, la suspence, come giustifichiamo pagine e pagine di storia?”
Banderas continua a sorridere, tranquillo. Dietro alle file di artigiani mi pare di veder zampettare veloce una gallina.
“Suvvia ora,” prosegue Madame Rocher, “poniamo fine alla faccenda.”
Uno degli artigiani si stacca dal plotone e si avvicina, carica la spara graffe con un gesto secco.
Ho un’illuminazione, forse dettata dalla forza della disperazione, ma non si sa mai. “Un momento, potrei esprimere l’ultimo desiderio del condannato?”
Madame Rocher guarda Findus con aria interrogativa, fino a quando lui elargisce un “Così sia”.
“Vorrei una colazione leggera ma decisamente invitante che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità!”
“Illuso,” pronunciano all’unisono tutti i cattivi, in un’apoteosi di boccalonaggine, “lo sanno tutti che non esistono colazioni così…”

Mi ritrovo il pacchetto di sigarette in mano senza ricordare di averlo estratto dalla tasca. Ne offro una ad Antonio, che rifiuta garbatamente. Tiene la gallina Rosita in braccio e la guarda come Caballero guardava la sua Carmencita di fronte a un buon caffè. Onestamente non me la sento di giudicarlo. Non fosse stato per Rosita ora saremmo stesi sotto la pioggia di meteoriti che hanno posto fine alle smanie di conquista mondiale di Madame Rocher e affiliati.
Accartoccio il pacchetto di Pall Mall. Dopo tutto quello che è successo l’unica cosa a cui ancora fatico a credere è Rosita che con una velocità degna di un X man ci libera dalle manette utilizzando solo becco e zampette.
“Antonio…”
“Dime, amigo mio.”
“C’è una cosa che realmente non ho capito in tutta questa faccenda.”
“Checossa?”
“Sapevi che qualcuno avrebbe guardato in quel modellino di baita nella tua stanza. Hai lasciato apposta un indizio per farti trovare da me. E da loro.”
Forse è solo una mia impressione ma ho la netta sensazione che l’uomo stia parlando con la gallina attraverso una serie di sguardi. Poi si rivolge nuovamente a me.
“Amigo, tutto quello che è successo qui oggi era destinato ad accadere. E’ tutto già successo e succederà di nuovo, nella enorme spirale del tempo che noi non possiamo comprendere ma solo accettare. Rosita, Rosita, lei viene da un futuro dove le galline sono la razza dominante, ma solo perchè qui, oggi, il movimento dei Partigiani della Qualità è stato sconfitto, da te. Se non fosse successo, nel giro di pochi anni avrebbero sterminato ogni gallo e gallina sulla faccia della terra.”
Ripenso alla figlia di Antonio e alle sue lacrime incipienti.
Scuoto la testa e cerco di recuperare una sigaretta dal cartoccio che ancora tengo tra le mani.
Cerco di immaginare un mondo dove le galline sono la razza dominante.
Mah, ma sai che…

 

Epilogo  (con special guest a richiesta)

L’ascensore non funziona, non è una novità.
In fondo cosa sono sette piani di scale per uno che fa colazione con Red Bull. Per lui niente, per me che la Red Bull mi sembra piscio di gatto, una faticaccia.
Sulla porta trovo la pila di scatoline contenenti le dentiere dei miei vecchietti. Sorrido, sperando che il Gino del terzo piano non abbia mangiato rucola, almeno oggi.
Le raccolgo e entro. La donnina delle pulizie mi accoglie con la solita tiritera. “Finalmente è arrivato, lo sa che io arrivo presto, finisco presto e di solito non pulisco il water! Il pollo è in frigo, se ha fame. Ah, dimenticavo, c’e un tizio di la che la cerca. Dice di chiamarsi Giud qualcosa…”
“Jude? Jude Law?” le domando, evitando di dirle che sono appena diventato vegano.
“Sì, ecco, proprio quello lì.”
“Va bene grazie, un’ultima cosa, le dispiacerebbe farci un paio di caffè prima di andare?”
La donnina mi lancia lo stesso sguardo di un acaro quando vede avvicinarsi il Cento Gradi, poi accetta di compiere quest’ultimo immane sforzo.
Trovo il vecchio Jude accoccolato in posizione fetale sul divano. Ha gli occhi stanchi, è sempre bello, ma tiene addosso quel mantello, che non si toglie e non si toglierà.
Non servono molti convenevoli tra me e lui. Mi basta un’occhiata per capire. “Lavoro, o Cuore?”
“Cuore… Cuore…” Risponde con quel suo maledetto accento inglese.
Mi lascio cadere sul divano accanto a lui, ignorando il lieve gemito che sento provenire dall’imbottitura, che fino a ieri consideravo un difetto di fabbrica. Mi faccio l’appunto mentale di sbarazzarmene, magari lo regalo a Nino il portinaio.
Dalla cucina gorgoglia la moka e l’aroma del caffè si spande per tutta la casa.
Domattina Jude tornerà a essere quello di sempre, superata la delusione, ma ora ha bisogno di conforto.
Ho un ultimo favore da chiedere alla donnina delle pulizie. “Adelpina, tacca la musica…”
 

Hey Jude, don’t make it bad
Take a sad song and make it better
Remember to let her into your heart
Then you can start to make it better …

 

chiuda la porta

11 Comments

  1. Ahahahaha!
    Secondo me l’ultima dei sofà con “Vieni avanti Crotone”, la cambieranno perchè darà fastidio alla N’drangheta…a meno che non sappiano nulla dei fratelli Derege con Walter Chiari e Campanini : il famoso ” Vieni avanti cretino!”

    Piace a 1 persona

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