Le “mie” canzoni (2)

Da ascoltare con gli occhi chiusi… ma anche aperti.

Il castello – R. Vecchioni – 1978

E se passate fate piano
che Fata dorme dal mattino
che l’uomo per la guerra le partì
e dietro la collina si sbiadì.
E nel castello sopra il fiordo,
la luce sfiora per ricordo
le coppe che restarono così.
E il vento smuove le vetrate
e a volte un’eco di risate
che un tempo risuonavano da lì,
ma non passateci d’aprile
che non potreste più vedere
le rose come quando lui era qui.

E quando c’era lui le sale
erano piene in mille sere
di gente e luci e scherzi di buffoni,
e feste fino all’alba e poi canzoni,
e lui stringeva fra le dita
la pietra verde della vita
e chi partiva sempre ritornò.
Tornò anche un figlio trovatore
scappato senza far rumore
per altre luci che poi non capì.
E un drago fatto con la paglia
bruciava all’alba sulla soglia
perchè il dolore non entrasse lì.

Tu che ne sai che passi e guardi
di Fata e tutti i suoi ricordi
del sogno che ha battuto la realtà.
La polvere si è fatta antica
e sul sentiero c’è l’ortica
ma Fata non ci crede e non lo sa.
Ha fretta e l’abito è sgualcito
ma è la gran sera che ha aspettato
e il conto della sabbia è fermo già
è lui che bussa è lui che torna qua,
e si riaccendono le luci
ad una ad una stanze e voci
e servi e cani ancora tutti là.
E’ lui, sorride sulla porta
è lui, lo stesso di una volta
ma chiede scusa e non l’abbraccerà.
Ha gli occhi stanchi, è sempre bello
ma tiene addosso quel mantello
che non si toglie e non si toglierà.

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