#112 – Il bordo

La notte è buia. Totalmente nera, ad eccezione di una quasi impercettibile e sottile linea chiara.
Non ci sono stelle in questo cielo.
Ultimo avamposto dell’Umanità.
Ultimo corpo celeste prima del nulla.
Una briciola di materia che vaga sul confine dell’Universo.
Denominato H4G678FR3K1N6BCFHK334M729G. Lo chiamano “il Bordo”.
E’ quasi l’alba. Sarà forse l’ultima alba che Jul vede sul Bordo, per un bel po’ almeno.
La stella primaria del sistema sorge all’orizzonte. E’ piccola, rossa, fredda.  A malapena la sua luce riesce a penetrare la densa atmosfera del pianeta. Ma è sufficiente a dare una vaga idea di quello che doveva essere l’alba sul Pianeta Madre.
Jul avverte su una spalla il tocco lieve della mano di Jen, senza una reale sorpresa. Ne ha percepito il flusso mentale subito dopo il risveglio.
“Quando?” Domanda Jen. Le labbra di Jul si sollevano appena agli angoli, godendo dell’abitudine di Jen a utilizzare la voce per comunicare. Tipico dei Tradizionalisti non voler condividere il Flusso mentale.
Oggi. “Oggi.” Risponde, prima mentalmente come d’abitudine, poi a voce.
Anche se Jen non si apre al Flusso, Jul percepisce vividamente la contrarietà per la decisione. Avversione, paura, tristezza.
Jen  scosta la mano e in silenzio sparisce in un altro vano della biosfera. “Non dovresti.” Afferma.
Jul resta ancora qualche minuto ad osservare il panorama. La sottile linea chiara sta sparendo nella minima luminosità creata dalla stella. Anche le ultime sonde non sono riuscite a stimarne la distanza. E soprattutto la composizione.
La bionave è pronta a partire, pulsante di luce azzurra sullo sfondo rosso scuro del cielo e del terreno del Bordo.  Jul espande il Flusso Mentale fino alla massima capacità. Assorbe e si fonde ai pochi milioni di coloni del pianeta, ai miliardi presenti nel Sistema più vicino. E attraverso loro ai trilioni di trilioni di individui che compongono l’Umanità espansa nell’Universo.
Tutto l’Universo.
Ogni pianeta.
Di ogni sistema solare.
Di ogni galassia.
Tutto il genere umano è ansioso di sapere. Avere la risposta.
E’ tempo di andare. Jul restringe il Flusso. E’ pronto. Lo è sempre stato.
Tornerò.”
“No, non lo farai.” Sentenzia Jen dal bagno.
Vieni con me.”
“No. Non c’è nulla oltre il Bordo.”
“Non possiamo saperlo finche non ci andiamo.”
“Non ho bisogno di andarci per saperlo. Lo so e basta.”
Jul abbassa lo sguardo, osserva il suo corpo nudo e si domanda se e quando potrà riutilizzarlo. Poi si volta e allo stesso modo osserva il corpo di Jen. Sono identici, ovviamente, ma il desiderio che prova di poterlo sfiorare e accarezzare è qualcosa di atavico che ancora non riesce a spiegarsi dopo migliaia di anni.
Si avvicina a Jen, sforzandosi di trovare le parole che non ha più l’abitudine di usare. “Diciotto miliardi di anni fa, quando eravamo confinati a vivere su un solo pianeta, potevamo permetterci di credere senza vedere. Credevamo che esistesse un dio sopra le nuvole, al di là del sole, poi abbiamo volato sopra quelle nuvole, al di là di quel sole. Credevamo di non essere soli nell’Universo, eravamo atterriti dall’idea di tutto quel vuoto attorno a noi, poi abbiamo colmato quel vuoto, abbiamo scoperto di essere l’unica forma di vita senziente. L’unica. In tutto l’Universo, solo noi. Ci siamo evoluti, tanto quanto non avremmo mai neanche potuto immaginare. Abbiamo sconfitto le malattie, la morte, modificato la materia dei nostri corpi per poterli sostituire, abolito le distanze. I nostri involucri fisici ora sono solo cellule di un unico organismo senziente che ha saturato il vuoto cosmico. Ma se le nostre anime, la nostra Anima, è eterna, altrettanto non si può dire di questo Universo limitato che ci contiene. Siamo arrivati al bordo, al confine. Non c’è più spazio. E sappiamo che la materia oscura che tutto lega e mantiene non durerà ancora a lungo. Dobbiamo espanderci per sopravvivere. Ci deve essere un perché a questo nostro viaggio, ci deve essere un perché alla nostra esistenza. E quel perché è là, oltre quella zona vuota e buia di confine. In quella flebile e sconosciuta linea chiara.”
Jul prende una pausa, fremendo di fatica a causa dell’inaudito sforzo d’aver pronunciato a voce il discorso più lungo della sua esistenza. “E questo lo sai, Jen.”
Jen scuote la testa. “Non troverai nessun dio. Non troverai nessuna risposta. Non troverai nulla. Semplicemente, prima o poi dobbiamo smettere di esistere.”

La risposta arriva centoquattordici anni più tardi, quando Jen non può fare a meno di avvertire il Flusso fremere. Timidamente, con riluttanza, apre la sua mente dopo millenni, e ne riceve in cambio una scossa di adrenalina ed eccitazione proveniente dall’immenso organismo formato dal genere umano. Tra le trilioni di menti che compongono il Flusso, Jen riconosce quella di Jul.
L’ho trovata. Ho trovato la risposta. L’universo era solo l’inizio. Abbandonatelo. Qui c’è il nostro scopo.
Jen si richiude al Flusso. Si avvicina all’involucro vuoto che un tempo era il corpo di Jul e lo sfiora attraverso la capsula protettiva.
Fuori, nello spazio, miliardi di bionavi sfrecciano verso il bordo dell’Universo.

 

 

“Oh, Gino, anche l’incubatrice sottovuoto di Penicillium numero 62 è matura. La muffa è arrivata al bordo.”

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