#102 – Gli amanti (piccola favola)

Il giorno in cui nacque lui pioveva dal mattino. Nessuno ricordava una giornata così piovosa da anni. L’acqua scrosciava sui tetti in modo così violento da spostare vecchi coppi e nuove tegole. Filtrava sotto le porte e dai bordi delle finestre. Se ne avessero avuto il tempo e la possibilità, i suoi genitori avrebbero provato a tamponare l’afflusso d’acqua, ma lui aveva deciso di nascere quella sera, senza preavviso, senza lasciare il tempo di correre al vicino ospedale.
Il primo vagito combaciò perfettamente con un tuono, il primo pianto con una grandinata.
Non smise più di piovere. Nemmeno alla fine della stagione dei monsoni.
L’avevano chiamato Dinesh, ma non ci volle molto perché tutti cominciassero a chiamarlo semplicemente Pioggia. Ovunque andasse Dinesh, la pioggia lo seguiva. E seguiva il suo umore. In una giornata normale scendeva leggera, quasi impalpabile, ma non per questo meno invadente. Nei periodi tristi o in cui si sentiva poco bene, il ticchettare delle gocce sui vetri e sui tetti accompagnava ogni faccenda quotidiana.
Ma quando era felice…
In effetti, Dinesh non era mai felice. E come poteva esserlo. Nessuno lo vedeva di buon occhio. Il villaggio in cui viveva si trasformò ben presto in un acquitrino. Molti se ne andarono, abbandonando le loro case per lidi almeno un poco più asciutti. Lui però non poteva trasferirsi da qualche altra parte perché ovunque andasse il tempo iniziava a guastarsi inesorabilmente.
L’unico vantaggio per Dinesh era che non aveva bisogno di lavorare. Nel suo Paese le precipitazioni  non mancavano, ma nessuno voleva vivere costantemente sotto la pioggia per cui veniva pagato e foraggiato per non muoversi da casa sua.
Fu in uno di quei suoi giorni malinconici che successe qualcosa di incredibile.
Se ne stava tranquillo in casa a tenere il ritmo delle gocce che filtravano dal tetto in un catino quando all’improvviso si accorse che al di là della finestra una strana luce aveva preso il posto del solito grigio.
Poi sentì bussare alla porta.

Lei, Jidji, veniva da lontano, dall’altra parte del mondo. Era nata il giorno del solstizio d’estate in una giornata di sole come pochi avevano memoria. Ovunque si recasse le nuvole sparivano così velocemente da far sembrare che non fossero mai esistite. Il cielo diurno risultava sempre limpido e azzurro e la notte perfino la Luna e le stelle sembravano più luminose sopra la sua testa.
Jidji non aveva mai visto la pioggia. Le anziane della sua tribù cercarono di spiegarle che non era una situazione tanto strana per una donna tuareg.
Ma lei sentiva il bisogno di veder cadere l’acqua dal cielo. Viaggiò invano ad ogni latitudine per trovare la pioggia. Molti le chiesero di fermarsi, storditi dalla sua bellezza e dal suo strano dono. Presero a chiamarla Sole, a volerla ognuno per sé.
Ma nessuno poteva darle ciò a cui lei anelava.
Fino al momento in cui bussò a un’anonima porta di un anonimo villaggio.

Se hai fortuna li puoi incontrare, Pioggia e Sole.
Da quel giorno non si sono più lasciati. Girano per il mondo, non si fermano mai.
Se non per fare l’amore.
Proprio lì, ai piedi di immensi arcobaleni.

17 Comments

  1. Stupenda e meravigliosa….

    Se mi permetti aggiungerei…

    …”Dal loro Amore nacque poi Arcobaleno.. Così da regalare a chiunque e ovunque felicità, incanto e stupore per quei colori che splendono nel Cielo.. ”

    Buona domenica 😊 Chiara

    Piace a 1 persona

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