#93 – L’oliva

Non per vantarmi, ma sono un’oliva meravigliosa.

Appena sbocciata si intuiva subito che avrei surclassato tutte le mie sorelle in tema di corposità, colore, aspetto e sapore.

Potevo vederlo negli occhi del fattore che ogni giorno passava per vedere come stessi crescendo.

Il giorno della raccolta si presentò personalmente al mio albero, senza demandare la faccenda ai suoi operai. Ricordo ancora con quanta delicatezza mi tastò per assicurarsi che fossi matura al punto giusto.

Il momento del distacco dall’albero fu quasi come una seconda nascita per me. In quel momento ero finalmente diventata un’oliva, splendida e indipendente come mai prima.

Mi si prospettava un futuro radioso, lo sapevo.

Ne ebbi conferma quando il contadino non mi lasciò cadere nel cesto insieme alle altre. Mi portò in casa con aria trionfante, presentandomi a tutta la famiglia.

Che momento romantico e glorioso fu quello.

Aveva preparato per me una bagna di salamoia particolare, frutto di una ricetta segreta tramandata di padre in figlio, generazioni di olivicoltori. 

Il tempo trascorso coccolata in quel barattolo fu davvero rigenerante.

La mia pelle si fece ancora più lucida, la polpa più tenera e corposa.

Sapevo che stavo trasformandomi in qualcosa di eccezionale.

Sia ben chiaro, sono un’oliva, non una rapa, con tutto il rispetto per le rape che sono sì molto educate e gentili, ma non spiccano certo per intelligenza.

Intendo dire che ero ben consapevole che prima o poi sarei stata mangiata. È nella natura di noi olive, se non ci becca un corvaccio, finiamo in qualche piatto degli umani.

Ma io sono stata fortunata nella vita, fin da subito, visto che non sono finita in una di quelle macchine infernali che spremono senza pietà per ricavare  olio o sansa.

Il mio destino è stato il migliore al quale un’oliva può aspirare.  

Il giorno del concorso il mio padrone mi prelevò dalla salamoia utilizzando delle speciali pinzette foderare di morbidissima garza e mi depose in un espositore appositamente realizzato con cura maniacale. 

Ecco, forse quello fu il giorno più bello della mia vita.

Vincemmo il primo premio.

Io come oliva dell’anno (e mi permetto di aggiungere del secolo, secondo la mia opinione) e lui come olivicoltore migliore del Paese. A quel punto non potevo sperare in nulla di meglio, se non essere degustata da una persona di valore almeno pari al mio.

L’ultima gioia che donai al mio fedele contadino fu quella di essere comprata per una cifra ragguardevole dal più famoso ristoratore della zona. 

Quello stesso giorno osservavo la lampante felicità dell’uomo mentre mi preparava come si conviene a una regina.  

Ed ora eccomi qui.

Non sto ad annoiarvi con inutili e barocche descrizioni del piatto che mi fa da contorno, sappiate solo che serve esclusivamente ad esaltare me.

Sento che sta per arrivare l’apoteosi della mia esistenza.

Ho capito dai discorsi del personale che sarò servita a un importante personalità del Paese. Sicuramente un onore per me, ma altrettanto lo sarà per il fortunato che mi avrà.

 

Il piatto viene portato al tavolo, posato dinnanzi al festeggiato che ringrazia il ristoratore per la speciale cortesia di avergli riservato niente di meno che l’oliva vincitrice della fiera.

Sta per prenderla, quando un pianto capriccioso lo interrompe.

Il figlioletto strilla che la vuole lui, l’oliva. La vuole lui. La VUOLE lui. LA VUOLE LUUUUI!!! 

Con un vistoso disappunto il papà porge il piatto alla mamma, che molto più comprensiva inforca l’oliva e la porge al bambino. 

“Mi fa schifooo! 

Urla il marmocchio, mentre la regina delle olive rotola sotto l’espositore dei dolci, tra la polvere.

immagine presa dal web

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