#70 – Appuntamento

La voglia di provarci ancora l’ha avuta vinta.
Piermaria s’è accorto che la vita solitaria un tempo tanto apprezzata ora non fa per lui. Passare il tempo chiuso in casa, guardando Netflix o interagendo con altri umani solo attraverso computer, che sia per lavoro o per svago, adesso l’annoia. E per ovviare all’inconveniente è disposto a sopportare qualche piccolo contrattempo causato dalle relazioni con il prossimo.
E poi, aspetto della questione da non sottovalutare, sente il bisogno di una compagna, una donna interessante e speciale con cui vivere, condividere.
Per questo è tornato sui siti per appuntamenti.
Non certo quelli rinomati per incontri a scopo matrimonio, no, ma per quel tipo di incontri più o meno espliciti, che danno garanzia sul fatto che se la persona incontrata non è quella giusta, al limite ci si diverte per una sera e poi di nuovo “non amici” come prima.
Diciamo che ha deciso di darsi ancora due, forse tre possibilità, dopodiché ci rinuncia, appende quello che deve appendere al chiodo e arrivederci.

Quindi ora cammina in fretta col cappuccio della felpa calato sugli occhi e tenendo lo sguardo basso e fisso, proprio come il prezzo in un supermercato. Vede solo i suoi piedi che uno alla volta compaiono veloci e altrettanto veloci spariscono. Le mani affondate nelle tasche del giubbotto. Il portachiavi morbidoso raffigurante uno dei draghi di Game of Thrones nella destra, premuto meccanicamente. Cammina evitando gli altri ma lasciandosi avvolgere dal loro chiacchiericcio e dal rumore del traffico serale. Trova piacere nell’ascoltare i discorsi delle persone reali, non le voci filtrate da televisione o radio. In fondo basta evitare di guardarli per evitare complicazioni.
Immerso in pensieri veloci s’accorge di essere arrivato al locale dell’appuntamento solo grazie all’incredibile affollamento di piedi, maschili e femminili, più o meno nascosti in eleganti scarpe d’ogni genere. Voci, risate e tintinnii di bicchieri, aromi di aperitivi alcolici e profumi dai più o meno dozzinali a quelli di marca che si miscelano all’esalazione di fritto e di pesce.
E’ arrivato il momento di alzare lo sguardo, cosa che può sembrare semplice per la maggior parte della gente. Piermaria evita il grandangolo, focalizza lo sguardo sui particolari, lo stipite di una porta, la gamba di una sedia, l’applique di una lampada.
Lei è già arrivata. La trova poco dopo l’ingresso. Ovviamente somiglia poco alla foto del profilo, ma del resto anche quella che usa lui non è proprio conforme alla realtà. Si sfila il cappuccio e le sorride avvicinandosi. Lei lo riconosce dopo un attimo di smarrimento.
(Lo sguardo di lei vira dall’attesa alla sorpresa, poi alla delusione.) – Lei sorride, nervosa. “Ciao.” Dice.
Lui le tende una mano, facendo buon viso a cattivo gioco. “Ciao.” Risponde.
(Lei distoglie lo sguardo e se ne va veloce, confondendosi immediatamente tra la folla in strada. Una persona comune in un mare di persone comuni.) – Lei continua a sorridere, risponde alla stretta di mano senza molto entusiasmo, o forse è solo timidezza.
Scelgono un tavolino libero parlando di quanto si sia fatto freddo di colpo e di come il locale sia sempre affollato. Lui le domanda cosa desidera mangiare e lei risponde in maniera automatica.
(“Guarda, mi è passato l’appetito appena ti ho visto.”) – “Oh, quello che vuoi.”
Lui si mette in coda, paziente, al bancone della zona All You Can Eat. Ha già capito che la serata non promette nulla di buono. La tipa nemmeno gli piace e la cosa è sicuramente reciproca. Per fortuna ha organizzato l’incontro in un locale economico, almeno non ci rimetterà troppo. In cuor suo spera che lei abbia avuto la presenza di sparire prima che lui torni al tavolo. Intanto riempie distrattamente di cibo il piatto per due, già dimentico delle preferenze della donna. L’attenzione è suo malgrado rivolta a quelli che gli stanno accanto.
C’è chi raccoglie cibo con le mani, chi ne assaggia delle porzioni e poi le rimette nei vassoi, chi se lo lancia addosso a vicenda come bambini a una festa di compleanno. Un anziano uomo in giacca e cravatta si struscia visibilmente eccitato sulla ragazzina che sta accanto a lui nella fila, mentre lei con un piatto semivuoto in una mano e il cellulare nell’altra decide di non avere fame e con gesto olimpico scaglia il piatto addosso all’amica che le sta insinuando il ragazzo, colpendola in piena fronte.
Il piatto di Piermaria invece è ormai sufficientemente pieno di vario cibo dalla composizione misteriosa, per cui decide di tornare al tavolo. Inaspettatamente la donna è ancora lì. Vuoi vedere che si è sbagliato e magari la serata promette un finale piacevole?
“Eccomi di ritorno.” Proclama allegro, un’idea in testa, mentre alle spalle della sua dama due ragazzi rasati a zero e nonostante questo con più capelli che cervello si sono messi a disputare un incontro di boxe thailandese tra i tavoli.
(Lei lo guarda con aria annoiata, forse stupita che sia già di ritorno. Ha appena chiuso una chiamata sul cellulare e si stava per alzare.) – Lei blocca il telefono e sorride. “Oh, finalmente.”
“Senti,” fa lui con aria complice, depositando il piatto tra loro e sporgendosi sopra il tavolino per ridurre la distanza, “voglio confidarti un segreto.”
(Lei alza gli occhi al cielo. “Sapessi quanto me ne frega…”) – Lei assume a sua volta un’aria sorniona e domanda: “Sentiamo, qual è la tua storia fantastica per conquistarmi?”
Lui non trattiene una risata sommessa, “Touchè. Ma ti assicuro che non è un’invenzione. Io ho un potere.”
(“Oddio un altro matto!” Esclama lei, raccattando borsa e telefono.) – “Ma davvero? Non dirmi che hai la vista a raggi X?” Commenta maliziosa.
“Più o meno, io vedo le intenzioni delle persone. No aspetta, fammi spiegare. Guardati intorno. Siamo circondati da una sacco di gente, giusto? E tutti fanno quello che ci si aspetta da loro, essendo in un ristorante, cenano. Ora pensa di aggiungere, all’immagine che vedi con i tuoi occhi, una pellicola trasparente sopra tutto, e su quella pellicola proietta un altro film. Un film in cui gli attori, cioè tutti gli individui che vedi, qui o in qualsiasi altro posto, fanno quello che il loro subconscio vorrebbe fare. Tu per esempio, ora il tuo istinto è alzarti per andartene. Ma non è quello che fai, te ne stai seduta lì e mi ascolti, reciti la parte che l’impalcatura della nostra società ti impone.”
“Mi leggi nel pensiero?”
“No, non leggo i pensieri, vedo quello che succederebbe se si ubbidisse all’istinto e non alla ragione, o all’educazione, o semplicemente alla sopportazione.”
L’immagine di lei ora è confusa, l’inconscio e la ragione sono in stallo. Non agisce e non ha intenzione di agire, almeno per qualche secondo. “Non sono sicura di aver capito…”
Lui ride e si lascia cadere all’indietro, sullo schienale della sedia. “Ahaa, ci sei cascata… Ok, stavo solo cercando di impressionarti.”
Lei, ancora contratta, si rilassa appena. (“Ma vaffanculo!”, esclama.) – “Ah che simpatico…” Commenta sarcastica.
Lui cerca di non far caso al fracasso provocato dal proprietario cinese del locale stanziato alla cassa che estrae a sorpresa un fucile a pallettoni e comincia a massacrare i clienti.
“Non giriamoci intorno,” continua Piermaria, “non è che ci piacciamo così tanto, ma ormai siamo qui, lo sbattimento per uscire e tutto, quindi tanto vale che chiudiamo la serata in bellezza no? Lasciamo perdere i convenevoli e andiamo a casa mia.”
(La donna sfodera un campionario di espressioni esterrefatte che si concludono con una maschera di stupore compiaciuto. “Quasi quasi…”) – La donna sfodera un campionario di espressioni esterrefatte che si concludono con una maschera di stupore offeso. “Ma per chi mi hai preso!” Si alza di scatto e abbandona il locale.
Lui resta solo, a metà tra il divertito e l’annoiato. Sapeva che sarebbe finita così. Finisce quasi sempre così.
Spilucca dal piatto senza badare troppo a quello che mangia, tanto ha tutto lo stesso sapore di fritto speziato e di spezie fritte.
Visto che ormai la serata galante si è conclusa, decide di dedicarsi alla clientela del locale, che a parte qualche eccezione, si lascia andare a crude nefandezze e comportamenti egoistici, priva di quei freni inibitori che solitamente costringono le persone a un vissuto posato e più o meno responsabile. Concentra lo sguardo su una persona alla volta invece di spaziare, così i contorni sono meglio definiti, le immagini più nitide.
Dopo aver osservato vandali, alcolizzati, ingordi, stupratori e giovani assassine, lo sguardo viene attirato e rapito da un angolo poco in vista del ristorante, occupato da un tavolino a sua volta occupato da una cliente solitaria, che preleva ravioli al vapore e tocchetti di bambù dal suo piatto e da quello abbandonato all’altro lato del tavolino. Dalla sua espressione sembrerebbe che la serata non le sia andata come previsto.
La osserva quindi attentamente, concentrandosi per focalizzare al massimo la capacità di vedere oltre la realtà, oltre il normale comportamento che spesso nasconde la verità.
Stringe il focus solo su lei, e nel ristorante tutto torna sui binari della presunta normalità, nessuna rissa, nessuna strage da fucilata, nessun maniaco o lanciatrice olimpionica di piatti. Tutti ridono, scherzano, mangiano restando nei canoni dell’educazione sociale. Il titolare cinese sfoggia un sorriso imbarazzante mentre batte scontrini come non ci fosse un domani.
E lei, la donna al tavolino riparato agli sguardi, non sta facendo nulla che non intenda realmente fare. La sua linea di pensiero inconscia è identica al suo comportamento. Non mente nelle azioni, a nessuno, e soprattutto non mente a se stessa.
E lui è l’unico al mondo a sapere, a vedere.
Resta incantato a osservarla.
Lei se ne accorge. E gli sorride.
Dopotutto, forse Piermaria ha fatto bene a uscire di casa.

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