Celine Dion si lancia nella sua interpretazione più popolare mentre il Titanic si domanda perché mai quel giorno non lo hanno lasciato ormeggiato tranquillo nel suo porticciolo.
E tutto succede in una delle tasche dei jeans di Mario, proprio nel momento in cui il primo caffè del mattino sta per rendere felici le sue papille gustative. Con la tazzina in una mano e la brioche ancora calda nell’altra Mario valuta in maniera coscienziosa se esista la possibilità di non rispondere.
Naturalmente l’opzione viene immediatamente scartata, trattandosi di una chiamata di Laura, che il giorno prima gli ha personalmente selezionato quella suoneria specifica per il suo contatto.
La brioche fa rientro alla base di lancio depositandosi perfettamente sul piattino. La tazzina e il suo fumante contenuto restano invece sospesi a mezz’aria. Con un solo fluido movimento Mario estrae il cellulare e zittisce Celine.
“Ciao tesoro.”
“Mario. Cos’hai dimenticato?”
Prima della Domanda, Mario era in grado di sentire e vedere parecchio di quello che gli succedeva attorno. Ma il tempo è relativo, lo sappiamo perchè ce l’ha detto Einstein, cosa poi significhi esattamente è tutt’altro discorso. In forza di questa famosa affermazione, per Mario, dopo la Domanda il tempo fluisce un po’ a modo suo. Attorno a lui rallenta. I movimenti degli altri avventori del bar si fanno così lenti da quasi non vedersi, le auto sulla strada transitano come tartarughe affette da bradipismo, i suoni, le voci e i rumori del mondo gli giungono così ovattati da sembrare solo il rumore di fondo dello spazio profondo. La tazzina comincia una lenta ma inesorabile discesa, governata dal movimento a compasso dell’avambraccio di Mario.
Che cosa ho dimenticato? Oddio, che giorno è oggi? Non il compleanno, dai, troppo banale. Onomastico? No. Qualche ricorrenza speciale? Anniversario, mesiversario, quando abbiamo preso il cane? Ma no, oggi non dovrebbe esserci niente di particolare, a parte che è lunedì. Non le ho dato il bacio del buongiorno prima di uscire? Sì sì fatto. Non è che stasera abbiamo qualche impegno? Lavoro. Non le ho chiesto niente del suo lavoro. Ma di solito non ne parliamo al mattino. Un momento, magari non ho dimenticato di fare qualcosa, magari ho solo dimenticato qualcosa. Le chiavi le ho, le sento in tasca, portafoglio sì, cellulare, va bè lo sto usando.
Cavolo i documenti del… no no, sono qui nella ventiquattrore.
I pantaloni di ieri!!!
La tazzina tocca terra, o meglio il piattino, provocando un limpido tintinnio. Il tempo accelera di nuovo, le voci, i suoni, la materia torna a fluire nel modo corretto. Che poi tutto è relativo, per cui possiamo solo supporre che sia il modo corretto.
“Laura, tesoro, ascolta, non… insomma, so cosa puoi pensare, ma ti assicuro che non è così. Non è mio quello che hai trovato nella tasca. Lo sai che non lo farei mai e in ogni caso lei non conta nulla, davvero tesoro. E poi… comunque è finita, io amo te. Ho sempre amato solo te. Senti facciamo così, al diavolo il lavoro, torno subito a casa e ne parliamo, ok?”
“Click.”
Mario abbandona il caffè che ancora promette di essere sufficientemente caldo da essere bevuto e il croissant intonso sul piattino. Paga la consumazione non consumata ed esce dal bar.
Il cielo ha smesso di trattenersi e ora rovescia il suo disappunto addosso agli umani che affollano senza motivo il suo pianeta. E allora Mario si ricorda d’aver visto le previsioni meteo quel mattino. Si ricorda di Laura che lo raggiunge sulla soglia per portargli l’ombrello. E si ricorda di averlo dimenticato sul mobile all’ingresso dopo aver preso le chiavi.