La lama dello spadone penetra di taglio nel terreno argilloso, dopo aver squarciato il torace dell’ennesimo soldato. L’uomo che la brandisce cerca di estrarla in fretta per colpire di nuovo, ma perde la presa e scivola a sua volta nel fango colloso. Ormai convinto di aver commesso un errore e che sia giunto il suo momento, l’uomo smette di agitarsi in attesa del colpo che metterà fine alle sue pene. Ma il colpo non arriva.
Le urla e il clangore del campo di battaglia sono svaniti, sostituiti dal suo pesante respiro e dal gracchiare dei corvi che si apprestano a un banchetto luculliano. Ben pochi uomini sono ancora vivi, e tutti dello stesso schieramento. Lentamente, come risvegliandosi dal sonno, prendono coscienza d’aver vinto la battaglia, posto fine alla guerra.
Dal vicino villaggio arrivano anziani contadini, donne, bambini e uomini di chiesa, tutti coloro che non hanno potuto o voluto imbracciare una spada.
L’uomo riesce finalmente a rialzarsi, abbandona l’arma e cerca con lo sguardo tra la gente che si avvicina. La vede arrivare di corsa e raggiungerlo nel campo reso fangoso da pioggia e sangue.
“E’ finita?” Le uniche parole che lei riesce a pronunciare, affannata dalla corsa.
Lui la cinge con un braccio mentre con un movimento fluido e improbabile si sgancia la cotta di maglia, lasciandola cadere. Un compagno d’armi lo saluta qualche decina di passi più in là con un cenno del capo, circondato dai figli vocianti e abbracciato dalla moglie.
“Stiamo iniziando ora.” Risponde, riuscendo anche a sorridere, mentre il tramonto regala colori di speranza e una musica d’archi riempie il cielo azzurro sullo schermo e la buia sala del cinema.
Le luci si alzano mentre i titoli di coda scorrono ignorati e indisturbati.
Gli spettatori si alzano alla spicciolata, raccolgono borse, controllano di avere ancora chiavi e cellulari, lasciano sparsi sulle poltroncine bicchieroni di carta, plastiche e rifiuti misti.
“Dai. Carino.” Commenta Loretta.
“Sì, va bé, il finale scontato…” Risponde Ivano.
“Sempre il solito, perché a te piacciono i finali tragici non vuol dire che un film per essere bello deve finire male!”
“No, ok, ma basta con ‘sta storia che i buoni vincono sempre. Comunque bella l’ambientazione. Molto realistica. Hai visto che panorami? Il colore del cielo, dell’erba.”
Loretta ammicca, mentre si sistema il cappotto. Insieme scendono le scale verso l’uscita della sala. “Ho visto ricostruzioni migliori, devo dire.”
Ivano insiste. “Mi sarebbe piaciuto vivere in quell’epoca.”
Lei non trattiene lo stupore. “Ma sei impazzito? Hai presente quant’era l’aspettativa di vita nel medioevo? Morire in salute a quarant’anni era un privilegio di pochi fortunati. L’aspettativa di vita ora supera di gran lunga il secolo.”
“Esagerata, immagino potessero arrivare almeno a sessanta. Ma vuoi mettere? L’avventura, l’armi, le dame, l’amore…”
Si fermano fuori dalla sala di proiezione, nella saletta antistante l’uscita, insieme a tutti gli altri spettatori. Lei lo guarda di traverso. “Ti manca l’amore?”
Lui sorride enigmatico. “E chi lo sa? Magari una nobildonna d’altri tempi…”
“Ma smettila. Aiutami con questo. E comunque non sopravvivresti in una società selvaggia come quella. Non esistevano medicine, si poteva morire per un raffreddore o un taglio appena appena profondo, c’erano soprusi, brigantaggio, guerre ogni piè sospinto… e non credere che l’aria fosse pulita, uno con tutte le allergie che hai tu schiatterebbe all’istante. Ma vuoi mettere? Non c’è paragone con la nostra epoca.”
Ivano annuisce, mentre controlla il sistema di filtraggio della compagna e poi indossa il proprio. “Ma sì, certo, ovvio che non potrei rinunciare alle comodità che abbiamo ora. Dicevo per dire. Pronta per uscire?”
“Sì, che strada facciamo?” Domanda lei, finendo di far aderire la maschera facciale.
Lui consulta il pad. “La tangenziale è ancora chiusa per l’attentato di stamattina. Direi che se passiamo dal centro e non troviamo problemi per il livello di allerta ambientale rosso ce la caviamo in mezz’ora. Hai fatto l’infiltrazione antiradiazioni?”
L’addetto del cinema domanda ad alta voce se tutti sono pronti, dopodiché pressurizza la porta interna e apre quella che da verso l’esterno. L’aria fredda e venefica penetra nella saletta mentre il gruppo aziona i respiratori e si avventura nel parcheggio sotto un cielo perennemente plumbeo.
Già..meglio vivere all’aria aperta con il rischio di essere “trafitti da una spada” che arrivare a cento anni senza avere vissuto davvero.
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Dalla padella alla brace! Bella quest’incursione nella fantascienza catastrofica. Chissà? Potrebbe essere? Spero che si possa cantare con i Nomadi: “ma noi non ci saremo, noi non ci saremo…”. Meglio lo spadone! Un taglio e… zac!
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No dai… l’aspettativa di vita si è allungata. Facciamo ancora in tempo a vedere la terza guerra mondiale, grazie al nanetto atomico ciccione.
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Spero almeno di essere andato in pensione per quel momento!
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Allora spero che ti manchi parecchio per andare in pensione 😉
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Ahi ahi che tasto dolente! Ancora un bel pò !!! 😦
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Terribile. Da pelle d’oca. Bravo!
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Grazie!!!
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