La donna cammina veloce lungo il corridoio, producendo un ticchettio ritmico e incalzante con i tacchi sottili. Saluta cortesemente senza rallentare la caposala che fa capolino da una delle piccole stanzette adibite a chissà cosa. L’unica esitazione che costringe a una brevissima sosta la coglie all’ultimo bivio, destra o sinistra? Poi ricorda d’aver commentato con una sua amica sul fatto che avevano piazzato la madre in uno stanzino proprio vicino ai cessi, che per convenzione stanno sempre in fondo a destra.
E infatti la trova proprio lì, in un angusto vano ricavato tra le ultime camere e i servizi, dove qualche anima di buon cuore, forse non sapendo in che altro modo liberarsene, ha piazzato un vecchio televisore a tubo catodico, sempre sintonizzato solo ed esclusivamente sul primo canale. L’anziana madre sembra far parte di una piccola gang di sue coetanee, tutte allegramente parcheggiate con le loro sedie a rotelle e incapaci anche solo di girarsi su se stesse per evitare di assistere allo spettacolo di cuochi obesi che cucinano piatti dietetici. Solo una delle ottuagenarie sembra voler protestare a gran voce contro il programma, ma quello che ne risulta è solo una cantilena lagnosa che si inserisce perfettamente tra l’elenco degli ingredienti e la spiegazione dell’impiattamento. Le altre si limitano a fissare un punto qualsiasi, ovunque tranne che lo schermo.
“Ciao mamma.” Esordisce la donna mentre sblocca il freno della sedia e diminuisce drasticamente l’audience del programma trascinando l’anziana madre in un angolo più tranquillo del corridoio. “Come andiamo oggi?”
La vecchina non risponde, catatonica come al solito. La figlia sistema la sedia a rotelle in modo che il sole che si insinua da una finestra non colpisca la madre in pieno viso, poi avvicina una sedia di plastica che in gioventù doveva esser stata bianca prima di abbandonarsi a una notevole miscellanea di grigi e ci si accomoda con cautela. “Ho una notizia, sai? Sono venuta apposta…”
“Buongiorno signora, che piacere vedere lei.”
La donna si interrompe suo malgrado per salutare l’infermiera di turno. Dall’accento la identifica come quella russa. Non ricorda il nome, come non lo ricorda di quella di colore, di quella albanese e di quella del sud. A malapena ricorda le loro facce, visto che raramente le degna di uno sguardo.
“Buongiorno, buongiorno, sì, devo parlare con la mamma.”
“Oh, signora è proprio brava, sa? Sempre tranquila, non disturba, magari è tutte come lei.”
La donna sorride forzatamente, emette anche un suono che vorrebbe essere una risatina di cortesia.
“Sua mama è qui da poco tempo, ma tutti vogliono bene.”
“La ringrazio, ne sono proprio felice.”
“Se poso, le poso chiedere come mai signora è ricoverata qui? Sentivo dottore che dice che non capisce malatia.”
La donna sorride in maniera ancora più forzata, chiedendosi perché mai la sovietica non abbia di meglio da fare. “Sì certo, in effetti non sappiamo bene, forse demenza senile, forse un piccolo ictus, tutto d’un tratto un paio di mesi fa ha smesso di fare qualsiasi cosa, di parlare, di muoversi da sola, tutto insomma, lei capisce.”
L’infermiera si produce in un’espressione di assenso dispiaciuta e contrita. “Oh povera dona, e chissà suo povero marito.”
“Infatti, ero venuta proprio per parlarle di questo,” continua la donna girandosi sul fianco verso la russa e abbassando la voce, come se sua madre fosse ancora in grado di capire, “mio padre, suo marito, è appena trapassato.”
“Trapasato?”
“Morto…”
“Oh Gesù Giusepe Maria, condoglianze signora, spiace tanto.” La russa si costerna a tal punto che la donna si sente in dovere di alzarsi per abbracciarla e ricevere in cambio una poderosa stretta bolscevica.
“Grazie, ma non si preoccupi,” dice dopo aver ripreso fiato, “era molto anziano, molto più della moglie, e aveva avuto un crollo da quando la mamma si è ridotta così. Vede, lei era la colonna portante della famiglia, faceva tutto, si occupava di tutto, in casa e fuori. Mio padre si era un po’ adagiato, dava tutto per scontato, lasciava che facesse tutto lei, forse in effetti ne approfittava anche un poco… Ora senza la figura della moglie, forse si è lasciato morire.”
“E ce ne ha messo di tempo, quel bastardo.”
La donna sussulta dallo stupore, accompagnata da un acuto gridolino emesso dall’infermiera caucasica. Entrambe si voltano verso l’anziana sulla sedia a rotelle, che dopo aver pronunciato le parole con tono di vittoria, si alza come se niente fosse e si sgranchisce le ossa, facendole scrocchiare.
“Non ne potevo più di stare in questo postaccio. Speravo che gli venisse un infarto dopo un paio di giorni, invece ha resistito fin troppo. Ciao cara, sei stata molto impegnata nell’ultimo mese? Non credo di averti visto da queste parti.”
“Ma…”
“No, no, non preoccuparti. Mi sento improvvisamente meglio. Credo che tornerò a casa. Aspetta, avete già fatto il funerale vero? Se no resto qui ancora qualche giorno.”
foto: web