#42 – Sogno

Spalanco gli occhi con la precisa sensazione di essere scosso da un potente fremito.
In realtà sono immobile, una leggera contrazione dei muscoli deve avermi ingannato.
Le pupille raccolgono la poca luce della stanza e mi dicono che sta per albeggiare. Resto inerte, non voglio e non posso muovere neanche uno dei muscoli ancora intrisi della sensazione di terrore di poco prima.
“Hey, tutto bene?” Lei, la voce assonnata di chi sta parlando con ancora gli occhi chiusi.
“Sì, solo un brutto sogno.”
“Ah… mmm.”
Si muove. Scivolano lenzuola. Il mio sguardo resta attaccato a un angolo del soffitto. Una ragnatela ondeggia leggermente.
“Che ore sono?” Chiede lei.
Vorrei rispondere ma ancora non ho la forza di muovermi per guardare l’orologio.
“Com’era?” Chiede allora.
Fingo di non capire perché non ho voglia di raccontarlo. Si volta verso di me. Questa volta i suoi occhi sono aperti e in attesa. Rilascio i muscoli, finalmente.
“Strano.” Rispondo. “Immagina una lunga fila di persone, ognuna a fianco dell’altra, che cammina su un terreno piatto e senza fine. Qualcuno si tiene per mano, altri camminano soli. Per quanto guardi non riesci a vederne la fine.
“Wow.” Dice lei. Sorrido, mi rendo conto che non è  molto interessante.
“Io sono tra loro. Camminiamo sempre. E’ strano perché camminando facciamo tutto quello che si fa di solito, mangiare, lavorare, leggere, chiacchierare, perfino dormire.”
Lei annuisce, forse si sta riaddormentando, forse no. Continuo. “Mentre camminiamo si sentono dei colpi. Dopo un po’ capisco che si tratta di spari. Insomma, in pratica la gente cammina verso qualcuno che spara. Colpisce a caso. Nessuno gli da importanza più di tanto. Un colpo, un caduto. Quelli vicini si voltano un attimo, lo salutano e continuano. Senza smettere mai di camminare. Come a dire che la vita va avanti, no?”
“Brutta roba.” Non si è riaddormentata.
“Tremendo. Mi sembrava di non smettere mai di camminare, giuro, è come se fossero passati anni. Persone diverse andavano e venivano, perché si poteva cambiare di posto, volendo. Bastava restare in fila, non ci si poteva fermare o correre più veloce, solo sperare di non essere colpiti. Ma lo sai che prima o poi deve succedere.”
Finisco la frase con un sussurro e resto in silenzio, ascoltando il ritmo del suo respiro. Ora dorme, ne sono sicuro, riconosco il ritmo del suo dormire.  Continuo a sforzarmi di ricordare immagini del sogno, sensazioni. Quello che non voglio ricordare è la scarica di adrenalina al risveglio, causata dal proiettile che fischiando si è fatto strada nella mia testa come fosse burro.
C’è sempre più luce, oggi sarà sicuramente una splendida giornata di sole ma anche di festa, quindi forse riesco a dormire ancora per un poco…
Apro gli occhi, di botto. Lei è accanto e mi tiene per mano. Si è appena svegliata, mi saluta con un bacio e mi augura una buona giornata, anche se le nuvole promettono pioggia.
Stiamo camminando.

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