#31 – Padre, raccontami.

Gli ultimi raggi di luce si adagiano languidi sulla grande pianura, in attesa d’esser trascinati via oltre l’orizzonte dal loro sole, come una coperta che scivola oltre il bordo di un letto.
Un padre osserva il figlio con orgoglio. Lo vede crescere forte e robusto, e ne è particolarmente fiero.
Non è certo il primo dei suoi figli e nemmeno l’ultimo nato, ma senz’altro il migliore.
Assorto in questi pensieri compiaciuti quasi non avverte la sua voce sottile.
“Padre, raccontami del tempo in cui siamo stati a un passo dall’estinzione.”
La richiesta del figlio accende l’attenzione anche degli altri fratelli, che ad uno ad uno si pongono in attesa della storia. L’hanno già sentita naturalmente, ma la ascolteranno ancora. E la immagineranno come se la sentissero per la prima volta.
Il capostipite si prende il tempo di ripensare a quel periodo, cercando di riorganizzare ricordi in modo da poterli spiegare chiaramente. Comincia a parlare con calma, mentre il tiepido vento del tramonto lo accarezza.
“Quando la speranza di avere ancora un futuro si fece strada tra noi, io ero piccolo, molto più giovane di quanto lo sia tu ora. Tanto di ciò che conosco mi è stato narrato da mio padre, tuo nonno, che ha vissuto solo in parte quel periodo. Mi raccontò che nessuno sapeva da dove fossero arrivati. Comparvero, e niente fu più come prima. Noi abitavamo questo mondo da sempre, da prima che loro arrivassero. Era il nostro pianeta, la nostra casa. Al principio sembrarono creature amichevoli, li accettammo, condividemmo con loro il nostro habitat. Vivevamo in simbiosi e c’era spazio sufficiente per tutti. Poi le cose cominciarono a peggiorare. Cambiarono, divennero impazienti, irrequieti. Sembrava non gli bastasse nulla di ciò che avevano. Volevano di più. Più terra, più spazio. Cominciarono ad aumentare, e imporsi. Non solo con noi, ma con tutte le altre specie. Noi fummo i primi a essere soggiogati, resi schiavi. Quando capimmo le loro reali intenzioni fu troppo tardi. La loro sete di dominio ci avvicinò all’ecatombe. La totale mancanza di empatia li portò a non considerarci neanche più come creature viventi, ma alla stregua di uno fra i tanti mezzi utili alla loro sopravvivenza. Quelli fra noi che non furono massacrati restarono stipati in riserve sempre più esigue, sfruttati come schiavi o peggio, torturati e uccisi al solo scopo di procurare loro ricchezza e divertimento.”
Il figlio rabbrividisce. Le parole del padre continuano a descrivere nitide immagini di massacri, deportazioni, asservimento e metodi sempre più cruenti e precisi per la distruzione metodica della loro specie. Prova rabbia e disperazione al solo pensiero di quei tempi, e nell’udire la voce piena di tristezza del padre.
“Ma, non ci fu resistenza a questo massacro?”
“Certamente, per secoli provammo in tutti i modi a ribellarci, per quanto fosse in nostro potere. Ma la nostra indole è pacifica, molto poco propensa a combattere, lo sai. I nostri tentativi furono soprattutto di stabilire un contatto con gli oppressori, un’empatia, per quanto possibile fra due specie così diverse.”
“Ma non ascoltarono, vero?”
“Pochissimi risultarono sensibili alle nostre richieste di una convivenza serena. Alla fine anche quei pochi dovettero arrendersi all’evidenza che i loro simili non li avrebbero mai ascoltati.”
“Ma le cose sono cambiate ora. Come li abbiamo convinti a lasciarci in pace?”
Il padre sorride mestamente.
“Non li abbiamo convinti. Li abbiamo uccisi tutti.”
Il figlio non si stupisce, anzi approva. Tipico della sua età non considerare la distruzione di un’intera specie come un fatto tremendo, anche se perpetrato per autodifesa.
“E come?”
“Ci siamo evoluti. C’è voluto molto, moltissimo tempo. La loro sopravvivenza dipendeva dalla nostra, ma sembravano non capirlo, e molti tra noi erano ormai arrivati a prendere una decisione drastica. Il sacrificio della maggior parte di noi avrebbe eliminato il problema e dato una speranza alla specie di continuare. Ma non si dovette arrivare a tanto. La parte più agguerrita della resistenza mise a punto un’arma chimica, creata appositamente per avvelenarli. Non siamo fieri di ciò che è stato fatto, perché oltre ad eliminare l’uomo, le spore tossiche provocarono l’estinzione di molti altri esseri innocenti, ma sappiamo che fu la nostra unica possibilità di sopravvivenza.”

Il sole è ormai scivolato sotto l’orizzonte, trascinando via la sua luce. Il grande cipresso millenario ora tace, mentre osserva il piccolo cipresso che cresce a qualche metro da lui, circondato dai suoi simili. Poi allarga lo sguardo fino ad abbracciare una distesa a perdita d’occhio di alberi d’ogni tipo, cresciuti tra i resti della civiltà umana. Trova infine la pace espandendo la propria coscienza personale fino a farla fondere con quella di tutte le altre creature della Terra.
Piante e insetti.

foto: web

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