#23 – Un colpo di fortuna

Si dice che un colpo di fortuna capiti a tutti almeno una volta nella vita. Non lo so.
Sicuramente è ciò che successe a Dean Ocsai.
Ai più sicuramente questo nome non dirà nulla, e non è neanche uno di quei nomi epici che s’imprimono nella memoria. Probabilmente lo dimenticherete presto.
Ma partiamo dall’inizio. La nostra piccola storia si svolge in una grande città. Nella piazza principale di una grande città. Potrei anche dirvi il luogo esatto, ma non ha importanza.
Dean, come suo solito, si dilettava a osservare i passanti, seduto sul bordo di una grande fontana ornamentale al centro della piazza. Addentava il suo panino, con lentezza e metodo. Aveva letto da qualche parte che masticare quaranta volte il boccone avrebbe facilitato la digestione. Dean però non arrivava al quarantesimo movimento di mandibola, essendo sua personalissima opinione che una ventina fosse oltremodo sufficiente. Il panino era sempre uguale, tutte le pause pranzo di tutti i giorni lavorativi dell’anno. All’inizio aveva programmato una discreta scelta di farciture che si avvicendavano con un sistema di giorni alterni e saltellanti che solo lui riusciva a decifrare. Poi decise che utilizzare un solo tipo di ripieno avrebbe comportato maggior praticità. Almeno per quanto riguardava i giorni lavorativi. Il sabato e la domenica sono un’altra storia, ma i fatti che ci interessano non accaddero nel weekend, per cui non affronteremo l’argomento.
Se qualcuno fosse interessato, sono sicuro che spulciando in rete si possa ancora trovare traccia di qualche articolo che racconta la storia di Dean. Fu inserito nelle notizie laterali dei giornali online e fece scalpore più o meno per un paio d’ore. Purtroppo la foto di un gatto persiano vistosamente preoccupato per le sorti della Borsa lo superò sulla destra e lo fece finire nell’oblio. C’è da dire che se ben ricordo l’espressione del gatto era molto particolare e la Borsa molto altalenante.
Comunque, testimoni oculari della scena raccontano che il nostro Dean, al momento di addentare la seconda parte del suo panino, perché aveva l’abitudine di dividerlo sempre a metà prima di mangiarlo, iniziò a parlare da solo, con un’aria che a detta dei testimoni sembrava molto sorpresa.
Asad, il ragazzo egiziano che sfornava pizze in un locale tra i più vicini alla posizione di Dean, ricorda benissimo di averlo visto sobbalzare per lo stupore prima di riprendersi e parlare col nulla. Questo particolare è assai interessante in quanto Asad conosceva bene il nostro uomo. Lo vedeva praticamente tutti i giorni. Lavorativi s’intende. Perché quello che faceva Dean nel weekend, per tutti è immerso in una nebbia caliginosa. Io lo so naturalmente, ma come si diceva, è un’altra storia. Dean era un metodico. Arrivava con lo sguardo basso, sceglieva per sedersi sempre il solito posto sul bordo della fontana, e se lo trovava occupato poteva aspettare in silenzio davanti alla persona senza dire una parola, finché questi non si alzava e lasciava il posto. Probabilmente molti ravvisavano in lui una qualche menomazione mentale, per cui lo assecondavano. In realtà Dean era perfettamente normale, se mi passate il termine. Anche perché quali sono i parametri per definire normale una persona? Diciamo che Dean poteva sembrare strano, ma possedeva un QI altissimo ed era estremamente quotato e apprezzato nel suo lavoro.
Però durante la pausa pranzo non parlava. Mai. Asad giura di non averlo mai visto rivolgere la parola a nessuno. Ora, la testimonianza di Asad non è attendibilissima, in quanto, in qualità di pizzaiolo, è lecito per lui volgere lo sguardo verso le sue creazioni culinarie piuttosto che sui passanti, più o meno statici. Diciamo per correttezza che durante tutto il tempo in cui Asad ha potuto osservare Dean, non l’ha mai visto parlare. Né con persone, né tantomeno da solo.
Eppure quella volta lo fece.
Essendo un personaggio particolare, Dean attirò l’attenzione anche di altre persone a lui vicine quel giorno. Qualcuno iniziò a filmarlo con l’ormai onnipresente telefonino. È per questo che agli atti restano per lo meno le sue parole precise prima della disgrazia.
Ma queste andremo a vederle più tardi.
Dean morì quel giorno.
Non riuscì a finire la sua seconda metà di panino ripieno di tofu affumicato, peperoni di carmagnola al forno e olive taggiasche.
Nei vari video lo vediamo appoggiare il suo pranzo sul bordo della fontana, alzarsi in piedi, sempre parlando al nulla, cominciare a guardarsi in giro con aria compiaciuta e poi strabuzzare gli occhi, cercare di portar lentamente le mani alla faccia, senza riuscirci.
Morì così, in piedi, immobile, quasi pietrificato. Solo quando qualcuno si avvicinò per chiedergli se stesse bene, il suo corpo cadde a terra silenzioso come era sempre stato.

Quando la fortuna si presenta, non si può mai dire che aspetto possa avere.
Può banalmente materializzarsi in forma di portafoglio pieno di banconote e senza documenti o in una vincita al gioco, come anche in una corsia libera al casello dell’autostrada nell’ora di punta. Magari sottoforma di una persona che diverrà poi l’anima gemella per un’intera vita.
O più nascostamente si rivela in un danno che poi apre a nuove occasioni, migliori e inaspettate.
A Dean la fortuna si è presentata di persona. E che persona.
Mentre degusta il suo pranzo, Dean osserva la gente. Tutta, indistintamente. Lo fa senza farsi notare. Nessuno si sente osservato da lui e nessuno gli dà peso. Ma lui esamina, analizza, classifica. E’ il suo hobby, il suo piccolo piacere. Annota un particolare delle scarpe di un ragazzo, il colore del cerchietto dei capelli di una bimba, il tipo di borse identiche di due teenager e il loro modo speculare di camminare. Arriva persino a contare e catalogare i nei sul collo di una cameriera nel bar di fronte, accorgendosi che uno è leggermente aumentato mentre altri si sono riassorbiti.
Poi vede lei. Lei è l’unica in quella folla che lo guarda fisso, l’unica tra centinaia di persone, che siano o meno di passaggio.
Dean smette di mangiare, visto che gli risulta impossibile masticare se qualcuno lo osserva direttamente, ma non lascia il panino. Quando la donna si avvicina, lui capisce subito che sta accadendo qualcosa di anomalo. Dean non è affatto stupido. Secondo i suoi canoni estetici è una bella donna, ma non bellissima. Ricorda molto una statua greca dalle forme giunoniche, capelli neri  ondulati, vestiti moderni ma che rimandano a qualcosa di molto antico.
“Ciao Dean.”
“Buongiorno.”
Lei parla restando in piedi fronte a lui che, seduto, è indeciso se alzarsi e andarsene o rimanere. “Sai chi sono?” Chiede lei.
“Onestamente, non saprei.”
“Sono Tyche…”
“…la dea della fortuna.” Continua lui.
“Esatto, sapevo che sei un tipo sveglio.”
“Grazie.”
“Infatti è per questo che sei sulla mia lista.”
“Quale lista?” La voce di lui assume un tono preoccupato.
Lei sorride. “Oh, non preoccuparti, la lista nera ce l’ha Thanatos, credo sia un mio cugino, non so.”
Dean tira un sospiro.
“Io sono qui per regalarti fortuna, questo è il mio lavoro. Normalmente la dispenso a piccole o medie dosi, così, tanto per ricordare a tutti che ci sono, ma senza esagerare. Però un giorno all’anno devo fare la, tra virgolette, grande buona azione. Per cui eccomi qui.”
“Oh.” Riesce solo a dire Dean.
“Forza facciamo in fretta che ho molto da fare oggi. Posso esaudire un tuo desiderio. Cosa vuoi?”
Dean, pur essendo dotato di una spiccata intelligenza e una buona dose di self control, resta di stucco. In quel momento riesce a pensare ad una cosa sola. Un’idea che lo solletica fin dal mattino, e allora decide che, se lo stesso giorno in cui ha anelato a qualcosa di impossibile arriva la dea della fortuna per esaudire un suo desiderio, non può essere una coincidenza.
“Desidero avere il potere di fermare e far ripartire il tempo attorno a me, per aver modo di muovermi indisturbato tra la gente, e osservarla.”
Tyche solleva le sopracciglia, stupita. “Mmmh, interessante. Di tutte le cose che mi sono state chieste, questa è veramente la più… particolare.”
“Grazie.”
“Non voleva essere un complimento. Comunque, fammici pensare. Non posso esattamente fermare il tempo, sai quello esula un filo dalle mie competenze, dovrei chiedere il permesso a Chrono, ma è sempre impegnato, non hai mai tempo per nessuno. Però potrei darti la possibilità di farlo rallentare molto, moltissimo, per un periodo limitato.”
Dean soppesa la proposta, e accetta.
“Bene, allora ti basterà pronunciare la parola Rallenta, e tutto l’universo tranne te comincerà a perdere velocità, talmente tanto che gli altri non riusciranno più a vederti. Arrivato alla minima velocità prima dello stop, tutto accelererà di nuovo fino alla normalità. Avrai questa possibilità solo una decina di volte, di più penso che Chrono se la possa prendere a male. E non è il caso di farlo infuriare, ultimamente.”
Dean riflette sulla proposta, non è esattamente quello che desidera, ma ci si avvicina molto. Deludente la questione delle volte limitate, certo, ma infine giunge alla conclusione che un’occasione migliore certamente non si ripresenterà.
Posa finalmente il suo mezzo panino, si alza e: “Rallenta.”

Come promesso da Tyche, il mondo inizia a fermarsi, piano ma in maniera costante, tutto rallenta, le persone, le auto, gli uccelli nel cielo, l’acqua della fontana, e l’aria.
Dean, lo abbiamo detto, è un uomo intelligente, dotato di acume straordinario. Gli studi scientifici giovanili riaffiorano e lo convincono di avere appena commesso l’errore più grosso della sua vita.
L’aria che respira è un gas, composta da atomi di azoto, ossigeno e naturalmente una gran quantità di altra roba più o meno tossica. Di solito è invisibile, ma c’è, tutt’intorno a Dean, dentro Dean. Si muove, come tutto il resto, entra nei suoi polmoni e poi ne fuoriesce dopo avergli donato il prezioso ossigeno.
Dean anela l’ossigeno, ma la sensazione che prova è inizialmente quella di nuotare in una vasca di aria calda pesantissima, poi in una piscina di melassa e infine nel cemento armato.
Non riesce più a muoversi, bloccato dalle molecole di aria a loro volta bloccate dal suo desiderio.
Il suo stupido desiderio.
L’ultima cosa che riesce a osservare è Tyche che si allontana, di spalle, e nota che tra i capelli neri se ne nascondono alcuni argentei, dotati di luce propria. Pensa che siano una delle cose più belle che ha avuto modo di vedere, e forse, muore felice, mentre Thanatos compare al suo fianco.

A proposito, ricordate il nome completo di Dean?
Ocsai Dean (ocsaidean; parola in scozzese gaelico che significa ossigeno)

foto: web

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