C’è un uomo elegante seduto nello scompartimento di un treno.
E’ uno di quei treni alquanto obsoleti che capita ancora di vedere sulle tratte di provincia. Questo in particolare collega una piccola città del nord ad un’altra città poco più grande.
Non viaggia durante gli orari di punta, per quello ci sono convogli più moderni, più pratici.
I viaggiatori che utilizzano questo treno di solito sono occasionali, o ritardatari.
L’uomo elegante aspetta loro. Non vanno di fretta. Di solito non hanno appuntamenti importanti oppure li hanno ormai persi, e allora per quale motivo correre?
Qualcuno di questi viaggiatori in realtà non avrebbe più neanche un vero motivo per salirci, sul treno.
Ma ci salgono comunque.
E’ ancora uno di quei treni i cui vagoni sono divisi per scompartimenti da sei posti. L’uomo elegante occupa uno di quei posti, in uno degli scompartimenti, in uno dei vagoni. Le altre cinque poltrone di liso tessuto sono libere.
Ma c’è sempre chi viene ad occuparne una.
L’uomo elegante sorride, quando accade. E’ gentile nei modi, non invadente, riesce a mettere a proprio agio chiunque, uomo o donna che sia. Ogni volta, lungo la tratta che il treno percorre da una stazione all’altra, nessun altro entra nello scompartimento. L’uomo elegante rompe il ghiaccio, conduce la conversazione, anche se dà all’interlocutore l’impressione di essere lui a farlo.
E sempre, dopo qualche minuto, il viaggiatore di turno pone la domanda.
“E lei invece, di cosa si occupa?”
A quel punto l’uomo elegante sorride un poco, stira il davanti della giacca con una mano e con l’altra estrae un cellulare dalla tasca interna. “Oh, il mio lavoro non è molto interessante, anzi di solito quando mi presento, la gente tende a cambiare discorso, o a defilarsi.”
Il viaggiatore ritardatario questa volta è un uomo anziano, che doveva recarsi in città per delle pratiche riguardanti il suo assegno di pensionamento, ma ha fatto tardi per accompagnare la nipote a scuola in quanto sua figlia, la madre della bambina, ha avuto un contrattempo sul lavoro, quindi ora l’uomo anziano è consapevole che arriverà alla sua destinazione quando già sarà presente una fila mastodontica di altre persone anziane e insofferenti come lui. Arrivato in stazione ha avuto la tentazione di non prendere il treno e rimandare ad un altro giorno, invece poi l’ha preso. “Io da qui non posso scappare.” Ride sommessamente. “Per cui mi dica.”
“Io vendo occasioni.”
“Auto usate?”
“No, occasioni di rifarsi una vita.”
“Ho capito. Viaggi organizzati. No, aspetti, forse una di quelle agenzie che… no, no, ho capito. Assicurazioni pensionistiche!”
“Niente di tutto questo, caro amico.” Ammicca l’uomo elegante, passandosi tra le mani il cellulare. “Offro la possibilità di vivere un’altra vita.”
Il viaggiatore anziano si agita sulla poltrona di velluto dal colore indefinito che forse una volta era rosso, o bordeaux. “Ah capisco. Ho sentito parlare di un qualcosa del genere. Documenti falsi, nuove identità. Per quelli che vogliono sparire, giusto?”
L’uomo elegante alza le mani, mostra i palmi quasi in segno di scusa, per tranquillizzare. “No caro amico, lasci che le spieghi. La mia società offre la possibilità di rivivere la propria vita. Letteralmente. Vede questo? Sembra un normale telefono cellulare.”
L’uomo anziano si sposta leggermente in avanti. Osserva l’oggetto tra le mani del venditore. Una vocina gli sussurra di alzarsi e cambiare scompartimento, ma lui non l’ascolta. D’istinto allunga una mano. E’ abituato a toccare quello che gli vogliono vendere, anche se non ancora ben capito di cosa si tratta.
Il venditore passa l’oggetto all’uomo, mentre continua a parlare. “Prego lo guardi pure. All’apparenza è un telefono, vede? Lo schermo si attiva se preme quel pulsante li sotto. Ecco, perfetto. Come può vedere ora, è comparsa una tastiera, solo numeri.”
“Fin qui mi sembra abbastanza normale.” Ribatte l’uomo facendo il gesto di restituire il dispositivo al suo proprietario.
“No lo tenga ancora un poco. Lasci che le spieghi come funziona. Sempre che la cosa le possa interessare.”
A quel punto l’uomo anziano si rilassa sullo schienale, lasciando cadere le braccia ai lati e il piccolo oggetto sul sedile al suo fianco. Non ha intenzione di comprare niente, e vuole che sia ben chiaro. Però annuisce e ascolta.
La voce dell’uomo elegante cambia tono, diventa ancora più suadente, più amichevole. Il ritmo delle parole si adegua a quello del treno, diventando quasi ipnotico.
“So cosa sta pensando, buon uomo. Lei pensa che io sia il solito rappresentante di prodotti inutili che approfitta di ogni occasione per vendere la sua merce. In effetti non si sbaglia di molto. Approfitto di ogni occasione. Quello di cui non ha idea è chi sia il mio datore di lavoro e quale sia il prodotto che vendo. Credo di aver capito che lei è un uomo pratico, quindi non mi perderò in inutili giri di parole. Sono un venditore, è vero. Vendo la possibilità di tornare indietro nel tempo e rivivere la propria vita ponendo rimedio a tutti gli errori e le scelte sbagliate. E non solo una volta, ma tutte le volte che lo si desidera. Quell’oggetto è una macchina del tempo. Le basta inserire una data e un’ora precisa e in un battito di ciglia si ritroverà in quel momento del tempo. Di nuovo nel suo corpo più giovane. Con tutta la vita di fronte e con tutta la consapevolezza e l’esperienza della vita già vissuta.”
La risata dell’uomo anziano spezza la magica simbiosi che si è creata tra il rumore del treno e la voce del venditore. L’uomo anziano è sovrappeso, non molto in salute, e la risata si trasforma presto in un rantolo di tosse. Si porta le mani alla gola e solo dopo parecchi secondi riesce a calmarsi. Nel farlo porta alla vista la collanina d’oro da cui pende un vistoso crocefisso. Il venditore socchiude gli occhi, poi si siede accanto all’uomo, dandogli leggere pacche sulla schiena.
“So che quello che le ho appena detto può sembrare assurdo. Lei è credente?”
“Io… io… sì, sì certo.”
“Crede in un dio, in una vita eterna oltre la morte?”
“Sì certo.”
“Quindi se le dico che il mio datore di lavoro si chiama Lucifero, lei sa di cosa parlo.”
L’uomo anziano si immobilizza di colpo. Un lungo freddo brivido gli percorre la schiena, facendogli rizzare ogni pelo del corpo. Non ha nemmeno più il coraggio di guardare in faccia il suo improvvisato compagno di viaggio. Una folla di pensieri fanno capolino nella sua testa e si ingarbugliano tra di loro.
Ha capito, certo. Vendere l’anima al diavolo. Non è uno scherzo. Sa che non lo è.
Ora che ha ritrovato il coraggio di guardare il venditore, vede nei suoi occhi che sta dicendo la verità. Ripensa alla sua vita, a tutte le scelte compiute, giuste e sbagliate, ai rimorsi, ai rimpianti, a tutti i sogni irrealizzati, a tutte le occasioni perse. Mette tutto sul piatto della bilancia, gioia e dolore, felicità e tristezza. Rivede il viso delicato di sua nipote che lo saluta prima di entrare a scuola, quella mattina. Un sorriso inconsapevole si disegna sul suo volto.
Deve fare ancora una domanda, anche se in cuor suo ha già preso una decisione.
“Rivivere di nuovo la mia vita, e poi? Sopportare le pene dell’inferno per l’eternità?”
“Giusta osservazione, caro amico. Forse posso mettere sul piatto ancora un paio di argomenti a mio favore. La prima questione è: hai la certezza di aver vissuto in grazia di Dio? E se poi non ti fossi meritato il paradiso?”
L’uomo anziano deglutisce, pensieroso.
“E infine c’è un aspetto vantaggioso nell’accordo che ti propongo.” Il dispositivo torna tra le mani del venditore, lo schermo acceso, la tastiera ben visibile. “Questo resta tuo. Potrai usarlo tutte le volte che vorrai. Potrai rivivere la tua vita infinite volte. Mai più decisioni sbagliate, mai più rimpianti su quello che avresti potuto fare e non hai fatto. Potrai vivere all’infinito.”
Il compratore sorride, non è un idiota. “E’ assurdo. In una transazione commerciale ci devono essere vantaggi sia per il venditore che per l’acquirente. Io ti vendo la mia anima in cambio di una nuova vita. Ma se tu mi offri una vita teoricamente eterna, qual è il tuo guadagno? Quando pensi di riscuotere la mia anima?”
“Complimenti, hai centrato il problema. Diciamo che nel corso dei secoli abbiamo apportato alcune modifiche al nostro contratto standard Vita contro Anima. Vedi, voi esseri mortali vi siete fatti furbi. Era così semplice all’inizio, bastava offrirvi una seconda possibilità ed era fatta. Poi, puntuali, vi presentavate alle porte dell’inferno. Adesso è molto più difficile stipulare contratti. Siete diventati pretenziosi. Volete sempre di più. Rivivere la vita non vi basta. Preferite rischiare, una volta che ci siamo presentati, io e i miei colleghi intendo, voi realizzate che è tutto vero, che paradiso e inferno esistono, vi pentite, vi redimete, passate gli ultimi anni della vostra vita terrena nella grazia di dio e voilà, siccome quello lassù è misericordioso, abbiamo perso un cliente. Giù all’inferno abbiamo problemi di manodopera ormai, credimi. Per questo abbiamo migliorato l’offerta. Non una vita sola. Moltissime vite, centinaia di nuove possibilità, migliaia di esistenze, una dietro l’altra, con un bagaglio di esperienze che neanche il buon vecchio Matusalemme si sognerebbe.”
“Ma se non si muore mai…”
“Non si muore mai se si fa attenzione. Ecco l’unico cavillo. L’unica possibilità che ci siamo permessi di trattenere a nostro favore. In caso di morte per incidente, attentato, assassinio, fatalità, in questo caso, riscuotiamo il premio. Altrimenti, non abbiamo fretta. Il tempo è una questione relativa.”
“Quindi, renderei a voi la mia anima solo nel caso dovessi morire per una qualche fatalità prima di riuscire ad usare il dispositivo.”
“Esatto. Ma ti basta tenerlo sempre a portata di mano. La batteria dura in eterno…”
“Non lo so. Per quanto a lungo possa vivere, un’eternità all’inferno non è molto allettante.”
Il venditore si alza, tira un lungo sospiro, osserva l’orologio al polso e butta un occhio fuori dal finestrino. Il tempo è relativo all’inferno, non su un treno. La stazione di arrivo è vicina.
Si risiede di fronte al suo cliente. “Cosa ti aspetti dall’inferno, amico mio, fiamme ardenti e dolore atroce? Niente di più fuorviante. Tutta colpa di Dante Alighieri, lo so. In realtà l’Ade non è molto diverso da questo mondo. Cos’è in fondo la vita mortale? Fatica, dolore, malattie, poche gioie da conquistare con il sudore della fronte. E alla fine? Si muore.”
“Il paradiso è un posto migliore.”
“Anche qui devo contraddirti, caro amico. Io naturalmente non ci sono mai stato, s’intende, ma ne ho sentito parlare molte volte, e da fonti attendibili. Se restare tutta l’eternità immersi in una luce celestiale in adorazione di qualcosa che non si riesce neanche a vedere tanto bene perché ti brucia gli occhi da quanto è luminoso ti sembra meglio… padronissimo di rifiutare la mia offerta.”
L’uomo elegante si rilassa sulla poltrona, accavalla le gambe e vi appoggia sopra le mani giunte.
Non c’è altro che possa dire. Il treno sta ormai entrando in stazione. I freni fischiano mentre il convoglio rallenta. Ma l’uomo anziano sembra non farci caso. Lentamente, come in trance, digita dei numeri sul display del congegno che tiene in mano.
L’uomo elegante trattiene un sorriso, finge indifferenza.
“Il congegno resta mio? Potrò utilizzarlo tutte le volte che vorrò?”
“Assolutamente. Solo per tornare indietro, s’intende. Non è possibile spostarsi in avanti nel tempo.”
Ancora qualche secondo di stallo.
“Devo premere il tasto verde?”
Solo a questo punto il venditore si sporge in avanti, il sorriso che si allarga sul volto, la mano destra protesa verso il cliente.
“Prima finalizziamo il contratto. Basta una stretta di mano.”
Il treno è quasi fermo. L’uomo anziano allunga la mano destra con una lentezza esasperante. Poi con un gesto finale e repentino afferra quella dell’uomo elegante. “Oh, al diavolo!” Esclama.
Le mani si uniscono. Un calore intenso, ma piacevole, si propaga lungo il braccio dell’uomo anziano. Quando ritrae la mano sul palmo è visibile un logo, di colore leggermente più scuro della pelle.
Il venditore si rilassa. La transazione è andata a buon fine. Manca l’ultimo dettaglio.
“Ben fatto, caro amico. Ora, premi il tasto verde, e buona fortuna.”
L’uomo anziano sorride, forse ancora non completamente convinto. In fin dei conti può anche non essere vero tutto quello che lo strano compagno di viaggio ha raccontato. Non ha firmato nulla, non ha neanche detto il suo nome. Chiudere un contratto con una stretta di mano? Ma no, è uno scherzo.
Preme il tasto verde. E sparisce.
Il convoglio è fermo. L’uomo elegante si alza, soddisfatto. È andata bene, sembrava quasi che alla fine quel disgraziato avesse potuto rifiutare. Si piega sulle ginocchia per raccogliere da terra il congegno simile a un cellulare, caduto nel momento in cui quell’ultimo cliente ha premuto il pulsante.
Ora l’uomo aggiorna il conteggio, anche se è perfettamente consapevole del numero di anime che ha comprato. Ne manca una. Poi la promozione, il passaggio di ruolo. Su una cosa non mente mai quando convince i suoi clienti. L’inferno è una grande azienda. Bisogna lavorare sodo per migliorare la propria posizione.
Il treno riparte con un sussulto. Tipico di questi vecchi e obsoleti convogli. L’uomo elegante sta pensando di concedersi un sonnellino, quando la fortuna bussa alla sua porta. O meglio, quando lo sportello dello scompartimento scivola di lato per lasciar entrare un altro viaggiatore.
Il venditore lo studia con occhio allenato. A parte la giovane età, a volte non consigliabile per tentare un approccio, sembra un candidato perfetto. Atteggiamento dimesso, vestiti di scarsa qualità, probabilmente anche di seconda mano. Saluta appena quando entra nello scompartimento e si siede nell’angolo più vicino al corridoio, tenendo la testa bassa.
La trattativa ha inizio.
Dieci minuti dopo il cliente ha tra le mani il congegno. Lo studia facendolo rigirare tra le dita.
“E questo resta mio?”
“Assolutamente, potrai usarlo ogni volta che ne avrai desiderio. Se a un certo punto della tua vita non dovessi sentirti soddisfatto, se penserai di non aver fatto una giusta scelta, ti basterà tornare indietro. Di un giorno, di un anno, quanto vuoi.”
“E, diciamo, salderò il debito solo alla mia morte.”
“Prima o poi bisogna sempre pagare i propri debiti, ma se giochi bene le tue carte, potrai posticipare il momento almeno fino a quando il sole non avrà deciso di spegnersi.” L’uomo elegante sorride, ormai lo tiene in pugno. Lo vede chiaramente negli occhi del suo ultimo cliente.
“E sia.” Dichiara il cliente. “Cosa devo fare?”
Il sorriso del venditore si allarga fino alle orecchie. “Basta una stretta di mano per ufficializzare l’accordo. Poi potrai tornare indietro.”
Il venditore allunga la mano destra. Il cliente la sinistra. Il venditore non si scompone. Prontamente allunga anch’egli la mano sinistra e stringe quella del cliente con entrambe le mani. Di nuovo il calore che si sprigiona dai palmi stretti a contatto.
Il giovane cliente ritrae la sua mano e ne osserva il palmo. Sorride vedendo il logo impresso sulla sua pelle.
“Questo è il tuo marchio, demone?”
L’uomo elegante ha un moto di sorpresa. Non si aspettava questa reazione dal cliente. Per la prima volta in migliaia di anni non ha una risposta pronta.
L’uomo giovane mostra il palmo destro.
Il demone resta sconcertato. Il suo marchio spicca chiaramente su entrambe le mani del cliente. Il marchio che identifica le anime da lui comprate.
“Ma…” è l’unica cosa che riesce a dire.
L’atteggiamento dimesso del giovane uomo scompare. La schiena si raddrizza, il volto si rischiara.
“Finalmente. Non hai idea della fatica che ho fatto per arrivare fino a qui, diavolaccio.”
Il demone venditore non capisce, ma ha ancora una carta da giocare.
“Io non so di cosa tu stia parlando, caro amico, ma ti ricordo che per concludere la transazione devi utilizzare il congegno.”
“Ho certo. Immediatamente.”
Il cliente digita i numeri, lentamente, con attenzione. Prima di inserire gli ultimi osserva l’orologio. Poi conclude e preme il tasto verde senza esitazione.
Il demone venditore non capisce, ma ha ancora una carta da giocare.
“Io non so di cosa tu stia parlando, caro amico, ma ti ricordo che per concludere la transazione devi utilizzare il….”
Il demone ora sente freddo. E per una creatura degli inferi sentire freddo è una sensazione veramente anomala. “Oh. Maledizione. Lo hai già fatto!”
Il cliente si alza. Il congegno tra le mani. L’espressione soddisfatta e rilassata.
“Si, l’ho già fatto. È la seconda volta che utilizzo il congegno. La prima volta è stata quindici anni fa, ma quella volta non sapevo come funzionasse. Quella volta mi hai fregato.”
“Io non ti ho mai incontrato prima.”
“Invece si. Nella mia vita, non nella tua. Quindici anni fa sono salito su questo treno, distrutto da una vita di errori e decisioni sbagliate, sull’orlo del suicidio, imbottito da droghe e alcool. È stato facilissimo per te convincermi a vendere l’anima al diavolo. Ho usato il congegno. E ha funzionato. Mi sono ritrovato ancora giovane, con tutta una vita davanti e con la consapevolezza degli errori fatti nella precedente, ma senza il congegno che mi avevi promesso e con la prospettiva di ritrovarmi all’inferno dopo la morte. Non l’ho presa molto bene sai? Ho cominciato a pensare e a pensare, alla fine ho capito. Non riuscivo a ricordare il giorno in cui ti avevo incontrato. Se non avessi rifatto esattamente le stesse cose non ci saremmo più incrociati. Ecco la fregatura. Noi poveracci che ti vendiamo la nostra anima torniamo indietro, ma il congegno no, quello non viaggia con noi nel passato. Ma una volta assimilata e metabolizzata la brutta notizia, cosa ci resta da fare se non cercare di vivere una vita migliore della precedente, e possibilmente più lunga possibile? Ma io ho elaborato un piano. Ho rifatto tutto. Esattamente come prima. Le scelte sbagliate, le cattive compagnie. La droga, l’alcool. Il limbo di incoscienza che mi ha portato in quella stazione in quel giorno. Non è stato bello rivivere tutto quanto, credimi. Solo una cosa, solo un flebile convincimento mi ha dato la forza di andare avanti. Il sapere che ti avrei ritrovato sulla mia strada.”
L’uomo elegante ascolta in silenzio. Ma non sono le parole del giovane uomo a tormentarlo.
È la voce che sente provenire dalle profondità di se stesso. Lo stanno richiamando. Sanno cosa è successo. E lui sa quali saranno le conseguenze.
E ne è terrorizzato.
Il suo ultimo cliente si alza, rigira il congegno tra le mani e poi lo ripone con cura in una tasca del giaccone.
“Sicuramente lo userò ancora. Come mi avevi garantito, potrò usarlo tutte le volte che ne avrò bisogno. Mi basterà non tornare mai più indietro di questo momento. Del momento in cui ne sono entrato in possesso. Addio demone. Buona fortuna.”
Foto: pescata dal web